La prima volta che lo presi in mano, Dalla parte di Swann di Marcel Proust, avevo appena diciott’anni e l’entusiasmo di scoprire uno dei più importanti scrittori vissuti a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo, comparabile agli immensi e contemporanei James Joyce e Thomas Mann. Bastò tuttavia la lettura di qualche pagina per arrestare bruscamente il mio ardore, trovatomi nella stessa situazione del marinaio d’acqua dolce alle prese con una traversata oceanica.
Troppi termini complessi, astrusi, desueti, troppi giri di parole, troppe espressioni lambiccate, troppi tentennamenti per una trama che faticava a prendere forma… e poi, soprattutto, frasi davvero troppo lunghe. Forse, supposi all’epoca, colpa della traduzione italiana inadeguata ? Inutile sforzarmi, inutile tentare di proseguire in quella prosa impervia e disagevole : mi pareva di non capire, non vedere, non riuscire a penetrare dei contenuti lontanissimi dalla mia sensibilità d’allora ; insomma per me il libro era illeggibile.
Con grande rammarico, e ammetto anche con un leggero fastidio all’orgoglio ferito, mi rassegnai all’idea che Proust non facesse al caso mio, quantomeno non in quel momento. Crescendo, pensai, avrei ritentato l’impresa, avrei ritentato la sfida che rappresentava Alla ricerca del tempo perduto, e magari sarei finalmente riuscito ad apprezzarne le stupefacenti qualità di cui tutti parlavano.
Gli anni passarono, le letture si accumularono, i capelli si diradarono, ma il famoso autore francese ritratto sempre benvestito e con l’espressione malinconica rimase tra i miei demoni di gioventù : distante, inarrivabile, tremendamente fascinoso. Confesso che era la paura d’impantanarmi di nuovo, la paura di fallire un’altra volta, a trattenermi da un riavvicinamento. Che figura avrei fatto, anche solo nei confronti di me stesso, se mi fossi nuovamente dimostrato non all’altezza ? E così lasciai il tempo trascorrere, lasciai Marcel Proust in attesa.
Finché la primavera scorsa, approssimandosi il centocinquantesimo anniversario della nascita dello scrittore, celebrato qui in Francia con il contributo di numerosi intellettuali nonché la pubblicazione di alcuni suoi testi inediti, mi sono fatto coraggio e ho recuperato in biblioteca il primo tomo del suo monumentale romanzo. Ancora Dalla parte di Swann, ancora le quattrocento e passa pagine dense di caratteri minuscoli, ma stavolta in versione originale. La scusa della traduzione maldestra era definitivamente scartata : nel caso si fosse ripresentato quanto accaduto in passato, non avrei potuto che prendermela con il sottoscritto.
Impossibile negare che all’inizio è stata dura, molto dura, rituffarmi tra quei periodi che paiono non finire mai, quelle parentesi che si aprono e si chiudono a dieci linee di distanza, quelle subordinate che s’intrecciano, s’impastano, si confondono, e a più riprese sono stato addirittura tentato d’abbandonare la lettura, farla finita per sempre con la mia piccola ossessione che risaliva alla tarda adolescenza. E invece, superato l’arduo periodo d’assestamento, a un certo punto ho iniziato a pedalare, sì, a pedalare : come un bambino che a furia d’inciampi e false partenze impara infine ad andare in bicicletta, io ho iniziato a pedalare, adeguarmi a una cadenza, assimilare il ritmo. Perché di un ritmo si tratta, lo stile di Marcel Proust ha un ritmo a lui proprio, quello del pensiero, della memoria, dell’intimità che emerge pian piano ; il ritmo della complessità del reale.
Agli antipodi di molta letteratura in voga di questi tempi, frenetica, discontinua, sincopata, Alla ricerca del tempo perduto è un lunghissimo fiume che scorre costante, alimentato da una ricca trama di affluenti, canali, torrenti, persino rigagnoli, e l’unica maniera per non essere soggiogati dalla corrente è lasciarsi andare, lasciare l’occhio scivolare tra le righe senza troppo inquietarsi di capire tutti i rimandi o tutte le corrispondenze cui allude l’autore. Se poi capita di perdere il filo del discorso, inutile farsi prendere dal panico : basta portare pazienza e risalire all’inizio del paragrafo. C’è addirittura qualcuno, pensate, che al fine d’agevolare la scansione delle frasi e la comprensione del contenuto consiglia la lettura del testo ad alta voce, ma questa soluzione credo sia riservata a chi ha un’eccellente dizione, e soprattutto dispone di uno spazio tranquillo e isolato dove non disturbare le persone allergiche alla prosa proustiana.
Passato dal primo tomo al secondo, e intenzionato a proseguire con gli altri cinque volumi che completano La Recherche, mi sto inoltre rendendo conto del perché il mio professore di poetica e retorica all’università tenesse tanto a che noi studenti leggessimo Proust. In Alla ricerca del tempo perduto è risaputo che abbondano i riferimenti ad alcune concezioni filosofiche diffuse a inizio ventesimo secolo, la fenomenologia, la nascente psicoanalisi, gli studi di Henri Bergson sulla percezione del tempo e la memoria ; e ancora più numerosi ed espliciti sono quelli a pitture, sculture, sinfonie, meraviglie architettoniche, testi letterari, allestimenti teatrali, realizzazioni artistiche di generi ed epoche differenti, oltre che a svariate nozioni di biologia, botanica e persino gastronomia. Insomma trattasi di un enorme calderone, un’opera enciclopedica nel pieno senso del termine, e ciò spiega il poderoso compendio di note esplicative che spesso accompagna le sue diverse edizioni e ristampe – per non parlare poi della mole sterminata di saggi critici che le sono stati dedicati nel corso degli anni.
Però non era questo, o meglio, non credo che il mio professore badasse solo a questo quando ci raccomandava lo scrittore francese. Allora cosa c’è, in quei personaggi talmente inattuali, in quegli oggetti fuori moda, in quegli atteggiamenti manierati, in quel piccolo mondo antico, cosa c’è nella smisurata opera di Marcel Proust di così fondamentale alla formazione di giovani teste pensanti ? Pare banale a dirsi, quasi ridondante, ma ciò che si assimila poco a poco, perdendosi nella fiumana di pagine che articolano La Recherche, supera il labile intreccio narrativo o la raffinatissima descrizione d’epoca. Perché in Proust non succede niente, o quasi niente, ma dalla sua lettura si assimila una capacità di visione, uno sguardo prospettico, una particolare sensibilità : si assimila un metodo, ecco cosa, leggendo Alla ricerca del tempo perduto si assimila un metodo, un modo di rapportarsi alla realtà, ai luoghi, alle persone, un modo di rapportarsi soprattutto a se stessi.
Guardandosi dentro, scandagliando tra i propri ricordi, le proprie ossessioni, le proprie fantasie, e dando una parvenza di finto romanzo autobiografico a quello che a ben vedere è un ininterrotto flusso di coscienza – l’escursione nel regno dello spirito, come sosteneva il giornalista ed editore Robert Valette – l’autore trasmette a noi lettori il gusto della ricerca, il gusto della scoperta, il gusto… sì, concedetemi questa frivolezza : il gusto dell’ingenuità. Marcel Proust trasmette una tale passione per le piccole e le grandi cose del mondo da incoraggiare chiunque, non solo gli animi più ambiziosi, a seguirlo nel suo cammino in direzione dell’arte.
Ho letto la Ricerca per la prima volta durante il confinamento. (ho 61 anni !)
L’ho media letto, media ascoltato.
E una magnifica ricompensa di leggere l’ultima parte.
Ti da il desirio di rileggere i 7 volumi !
Gracie per il tuo articoli
Grazie a te, Anne, di seguire il blog 🙂
Marcel Proust, l’aristocratico orologiaio estremamente attento nel catturare frazioni di secondo sulle numerosissime parigine (orologi del tempo che furono) che affollarono i suoi scritti, curati sino all’inverosimile per descrizioni e rimembranze di estenuante lungaggine per i lettori sprovveduti, ma di raffinata bellezza per gli intenditori di letteratura. Un’opera che ascende come una cattedrale gotica nel fluire del tempo perduto e, nell’intento di ritrovarlo quel tempo, discende, ed inesorabilmente confluisce nell’inafferrabile clessidra che capovolge l’umana temporalità.
Il cagionevole Proust, arroccato nella sua camera isolata dalle pareti di sughero, isolato, ma non decadente, apporta alla storia della letteratura un capolavoro di pensiero simile ad un ferreo esercizio di meditazione, disciplina di pochi privilegiati che non conosce tempo…
Impeccabile come sempre, Giulia.