Non so voi, ma a me in certi musei piace tornare, rivenire anche più volte. E non dico a cadenze regolari, come se si trattasse di una revisione della macchina o una puntata al supermercato, ma così, di tanto in tanto, farci un giro senza troppi pensieri. Il pomeriggio dello scorso sabato, pertanto, approfittando delle Giornate europee del Patrimonio, evento che permette l’accesso gratuito ad alcuni spazi culturali abitualmente a pagamento, sono tornato al Museo di Belle Arti di Lione.

Pascal Dagnan-Bouveret
1878-1879. Olio su tela
Confesso che la mia è stata una visita rapida, mi sono trattenuto poco più di un’ora, dalle quattro alle cinque, il tempo comunque sufficiente per ripercorrere le sale della sezione che preferisco : quella dedicata alla pittura francese del diciannovesimo secolo. Perché vanno bene le statuette antiche e la numismatica medievale, ma la pittura, la bella pittura, trasmette tutt’altre sensazioni. E tra Monet e Géricault, tra Courbet e Degas, stavolta il principale motivo d’attrazione è stato il dipinto di un artista che non conoscevo, il parigino Pascal Dagnan-Bouveret. C’è infatti qualcosa, nel suo Le Nozze dal fotografo, che ha stregato il mio occhio, lasciandomi diversi minuti fermo in contemplazione davanti al quadro. Non so bene come chiamarla : carica affabulatoria, forza favolistica, oppure narratività ? Mmm… che brutte parole… Forse per rendere l’idea è più semplice ricorrere a un paragone : osservare il dipinto di Dagnan-Bouveret è come guardare la scena di un film, anzi, meglio, è come leggere l’estratto di un romanzo, un romanzo naturalista, di quelli tanto in voga nel periodo in cui il quadro fu appunto realizzato.
L’Ottocento in Europa era il secolo della diffusione della rivoluzione industriale, dei poderosi inurbamenti, dell’esplosione demografica, delle grandi invenzioni tecnologiche che permisero il cambiamento di alcune condizioni di vita – e questo, bisogna precisarlo, soprattutto a vantaggio delle classi agiate. Per rappresentare allora la realtà emergente, e sull’onda del pensiero positivista che proclamava il primato dell’analisi e la conoscenza scientifica, in Francia alcuni scrittori elaborarono uno stile che ambiva a essere il più aderente possibile ai fatti, alla natura, alla cruda verità. Anticipato dall’immenso Honoré de Balzac e perfezionato da Émile Zola, Guy de Maupassant e Joris-Karl Huysmans, il romanzo naturalista indagava tutti gli aspetti della società francese a cavallo tra il Secondo Impero e la Terza Repubblica, anche gli aspetti più sordidi, restituendo così, a noi futuri lettori, un preciso ritratto d’epoca.
Nella sua minuziosissima attenzione al dettaglio, Le Nozze dal fotografo di Pascal Dagnan-Bouveret pare dunque uscire da un libro di Zola, essere la trasposizione visiva di una pagina scritta, ma il soggetto del dipinto – la posa di due novelli sposi per uno scatto fotografico – tratta altresì una tematica a quel tempo molto sentita nel mondo artistico. Quando il pittore realizzava il quadro, tra dicembre 1878 e marzo 1879, la fotografia era un’innovazione in pieno sviluppo, un ritrovato moderno che si stava pian piano insinuando nella quotidianità della gente, al punto addirittura da lasciar immaginare una prossima decadenza della tradizione pittorica, soppiantata da una tecnica in grado di offrire una migliore riproduzione del reale.
Ritrarre un tale episodio mondano, peraltro ispirato all’artista dalla propria vita dato che in quel periodo era egli stesso in procinto di sposarsi, aveva allora un doppio obiettivo. Da una parte, rendere omaggio alla fotografia, riconoscerle l’importanza che aveva ormai assunto nella società dell’epoca ; dall’altra, mettere in valore le grandissime potenzialità della pittura, la quale si dimostrava capace di raggiungere un livello di accuratezza pari se non superiore a quello fotografico – non fosse che per la possibilità di raffigurare i colori. Peccato però che mentre Dagnan-Bouveret cercava di rendere su tela la realtà nella massima esattezza, un gruppo di giovani pittori suoi connazionali aveva iniziato a sovvertire le tradizionali norme pittoriche : bando ai dettagli, all’oggettività, bando ai lunghissimi ricami eseguiti nel chiuso degli atelier ; per Manet, Cézanne e gli altri ragazzi del mucchio contavano l’impressione, la leggerezza, la spontaneità, contava l’emozione momentanea provata all’atto di dipingere. Ma questa, cari miei, è una storia che varrà un’altra visita al museo.
Grande ritrattista, Bouveret fa della sua pittura romantica ma realista, un caleidoscopio affascinante del passaggio pittorico tradizionale tra 800 e 900 aggiungendo moderna innovazione collegata all’arte fotografica, dagherrotipi di cromie in moderno divenire…