La scultura invisibile di Salvatore Garau

Forse un passo decisivo per la sperimentazione artistica contemporanea, o forse l’ennesimo espediente finalizzato a far chiasso. Certo che la vendita di Io sono, creazione dell’artista sardo Salvatore Garau, non poteva lasciare il pubblico indifferente : battuta all’asta il 18 maggio scorso per una somma prossima ai 15 mila euro è nientemeno che una scultura invisibile. Se si esclude infatti il certificato di garanzia dell’opera, il compratore non si è portato a casa nulla di concreto, nulla di tangibile, nulla da poter esporre in salotto e mostrare orgogliosamente agli amici ; resta però, all’ignoto collezionista, l’incomparabile soddisfazione di essere il primo nella storia dell’arte ad  aver sborsato fior di quattrini per 150 x 150 cm di vuoto – queste sono le dimensioni approssimative della scultura secondo il suo creatore.

Garau, nato in provincia di Oristano nel 1953 e impostosi sulla scena artistica nazionale sia come pittore e scultore sia come batterista rock, parla del proprio Io sono non in termini d’invisibilità quanto d’immaterialità. La scultura c’è, esiste, sta lì, e la fantasia permette all’artista di percepirne la presenza malgrado la sua apparente assenza. Come un’idea, la cui sostanza viene dimostrata dal solo fatto di essere pensata, ciò che non si vede ha comunque una propria specificità, anzi può talvolta sprigionare una potentissima energia : basti considerare il sentimento della fede, religiosa o dottrinaria poco importa.

Al di là però di acrobazie intellettuali e giochi di prestigio, il lavoro dello scultore sardo si nutre di letture di meccanica quantistica e intende stimolare una riflessione a ben vedere molto attuale. In un mondo sempre più ingombro di contenuti, materiali e virtuali, utili e superflui, ponderati e superficiali, quale peso, quale valore dare al vuoto ? A provocare la pioggia di critiche sulla scultura invisibile, tuttavia, non è stato il discorso di fondo di Salvatore Garau, bensì il modo in cui egli lo ha impostato, la radicalità del linguaggio, lo smercio dell’aria ; insomma quei 15 mila euro in cambio di niente sono andati di traverso a parecchie persone.

I dotti, gli intellettuali, gli artisti hanno subito gridato alla scopiazzatura : dopo la Fontana di Marcel Duchamp, dopo il Fiato d’artista di Piero Manzoni, dopo il Cubo invisibile di Gino De Dominicis, qualcuno osa ancora venirsene fuori con la trovata dell’opera che esiste solo nel cervello di chi sta al gioco ? Roba vecchia, vecchia, vecchia ! Il popolino, invece, la folla degli incolti, si è mostrato molto più prosastico, non ha avuto bisogno d’appellarsi a precedenti illustri per scatenare il proprio disprezzo ; se infatti i venditori di fumo si sono spesso ritrovati alla gogna, figuriamoci i venditori di nulla. Ma a onta dei giudizi più o meno favorevoli, da artista coerente con se stesso Salvatore Garau pare intenzionato a proseguire sulla strada intrapresa, addirittura sviluppare il proprio progetto all’estero. Pensate che la sua scultura invisibile Afrodite piange è stata recentemente posizionata – quantomeno negli intenti di Garau – davanti al memoriale del Federal Hall a New York.

Da parte mia, vi confesso, per una volta preferisco astenermi dalla facile polemica, per una volta preferisco abbandonare i pregiudizi e aprirmi al nuovo. Le sculture che esistono ma non si vedono ? Beh, io ci credo, io credo in loro, credo nella loro presenza, e a prova della mia buonafede voglio fare una proposta a colui che ne è l’artefice, a Garau stesso. Si tratta di un baratto : una delle sue opere immateriali in cambio di qualcosa preziosissimo, qualcosa di ben superiore a quelle misere 15 mila euro, insomma il massimo del massimo. Sì, avete indovinato : io a Salvatore Garau prometto l’amore. E davanti a un’offerta del genere, nessun artista concettuale potrebbe mai tirarsi indietro.

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