Il Vaticano, Alessia Babrow e il francobollo della discordia

La faccenda è scaturita ormai più di un anno fa, ma credo che ce la tireremo dietro ancora un bel pezzo. Era in occasione della Pasqua 2020 che la Città del Vaticano faceva produrre dal proprio ufficio filatelico un francobollo che si scostava nettamente dalla tradizione. Invece delle abituali immagini di papi, santi ed edifici religiosi, questo riproduceva un’opera d’arte recuperata dalla strada, un murales apposto su un parapetto del ponte Vittorio Emanuele a Roma. Si trattava della rielaborazione in chiave moderna di un dipinto dell’artista tedesco Heinrich Hofmann, l’Ascensione di Cristo aggiornata secondo un gusto sfacciatamente pop : al Messia coronato d’aureola era aggiunta la rappresentazione di un cuore umano cui si sovrapponeva la scritta Just use it (trad. Usalo e basta), chiaro riferimento al celebre slogan di una marca americana d’indumenti sportivi.

Il merito della trovata spettava a Maurizio Olivieri, direttore dell’ufficio filatelico vaticano, il quale imbattutosi per caso nel murales aveva deciso di usarlo come ispirazione per una serie di francobolli pasquali. Il fatto sarebbe anche simpatico, persino suggestivo, non fosse per un gravissimo errore d’omissione commesso dall’istituzione pontificia : nessuno si era minimamente curato di chiedere all’autrice dell’opera il permesso di riprodurla – anzi la donna non era stata proprio informata. Lei, Alessia Babrow, artista quarantaduenne residente poco distante da Roma, aveva appreso la notizia da un’amica fotografa, e sulle prime era rimasta profondamente sorpresa, addirittura incredula. Ma tentato di contattare il servizio vaticano addetto alla produzione di francobolli, giusto per un confronto, ecco l’amara scoperta. Nessuna concessione, nessuna possibilità di dialogo : solo l’invito a un’udienza pubblica con il pontefice.

Indignata dalla risposta ricevuta, a suo avviso del tutto inadeguata, la Babrow aveva allora chiesto che il prodotto fosse tolto dal commercio. E lì, di nuovo, picche ; se davvero teneva a essere rimborsata, all’artista sarebbe stato inviato qualche francobollo in omaggio. A quel punto, che fare ? L’unica soluzione rimasta ad Alessia Babrow, a meno d’incassare il colpo e farsene una ragione, era d’intentare causa : e così i suoi due legali rappresentanti si rivolgevano al Tribunale di Roma, reclamando al Vaticano un risarcimento di 130 mila euro per danno morale e patrimoniale. Si contestava, all’ufficio filatelico papale, lo sfruttamento della proprietà intellettuale altrui a fini commerciali, nonché il sovvertimento del messaggio originalmente veicolato dall’opera d’arte. La questione sarà trattata in Tribunale il prossimo dicembre, ma conoscendo i ritmi della giustizia italiana è probabile che per venirne a capo l’artista romana dovrà portare pazienza, molta pazienza.

Non avrebbe potuto, la Babrow, accettare la prima proposta avanzata dalle autorità pontificie ? Forse, da ingenua, non era consapevole della grandissima opportunità che le veniva offerta. Per dargliene un’idea, le suggerirei di riscoprire un vecchio film di Marco Ferreri intitolato L’udienza, dove un giovane cattolico interpretato da Enzo Jannacci fa il diavolo a quattro per riuscire ad avere un colloquio con papa Paolo VI, morendo solo e disperato in una spettrale piazza San Pietro. Quelli però erano gli anni ’70, quelli erano altri tempi : tempi in cui la parola, lo scambio, il dialogo avevano tutt’altro valore di adesso. 130 mila euro ? E cosa saranno mai, quando si ha la possibilità d’intrattenersi con la persona più vicina a Dio ? Manco la pena di rifletterci : come recita lo slogan originale della Nike, fallo e basta.

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