Per la corrida di Francis Bacon

All’epoca in cui era ancora permesso pubblicizzare le marche di sigarette, esisteva una famosa serie di spot televisivi che mostravano un giovane uomo camminare di volta in volta in posti diversi, tetri borghi nordici o aridi deserti messicani, fischiettando scanzonato sempre lo stesso motivo. Solamente dopo un buon minuto di andirivieni si arrivava al dunque : entrato in un improbabile negozio, il nostro eroe accedeva all’oscuro oggetto del desiderio, un pacchetto di sigarette Camel.

sigarette-camelCamminerei un miglio per una Camel ! commentava l’uomo soddisfatto portandosi una sigaretta alle labbra, prima che un bel primo piano della suola consumata delle sue scarpe comprovasse cosa non si farebbe per una sana tirata di tabacco. Vedere questi vecchi filmati pubblicitari m’invogliava quasi a mettermi a fumare, ma dato che sono un salutista compulsivo domenica scorsa cercavo piaceri alternativi alla sigaretta. Muovermi, avevo bisogno di muovermi, rimanere in casa con la melodia fischiettata che mi ronzava in testa non avrebbe che accresciuto la mia crisi di astinenza da un’assuefazione in realtà mai provata.

E allora prendevo la macchina : ottanta chilometri di autostrada e mezzora di semafori, fino a raggiungere il Museo di Belle Arti in pieno centro di Lione. Ad attendermi, nella sezione dedicata alla pittura moderna del secondo piano, trovavo il vero oggetto del mio desiderio, Studio per una corrida n°2 dell’adorabile Francis Bacon. Limpida inalazione artistica, profonda delizia dei sensi.

Il quadro, un grande dipinto a olio su tela 1,98 x 1,47 metri, è il secondo (e forse meglio riuscito) pezzo di un trittico che l’artista dedica nel 1969 a uno degli spettacoli più brutali tuttora presenti nella cultura occidentale. Retaggio di una tradizione antichissima, risalente alla lotta con i tori praticata nella civiltà antica, la corrida fa ormai parte del folklore spagnolo e spagnoleggiante, come la paella, la sangria o il ballo flamenco. Non è tuttavia a un viaggio nella penisola iberica che l’artista Francis Bacon deve l’ispirazione per questa straordinaria serie di dipinti.

Studio per una corrida n°2
Studio per una corrida n°2
Francis Bacon
1969. Olio su tela

Bacon amava collezionare cartoline, immagini estrapolate da giornali e riviste, scatti fotografici di varia provenienza, illustrazioni di libri : nel suo studio vi era ammassata un’enorme quantità di materiale cartaceo, sul tavolo, sulle sedie, anche per terra. Dall’immensa raccolta, tra le stampe di Goya e i dipinti di Picasso, l’artista irlandese pesca probabilmente anche l’idea del trittico sulla corrida, rielaborandolo poi secondo il suo personalissimo stile.

Al centro di un asettico spazio circolare, forse la stilizzazione di un’autentica plaza de toros, si trova un curioso viluppo di colori, blu, nero, giallo e viola, da cui emergono una scena, azione, movimento. Toro e torero, uomo e animale, cacciatore e preda si fondono in un’unica figura : è la battaglia per la vita, per la gloria, per il piacere degli spettatori che bramano di vedere il sangue, poco importa se della bestia furibonda o del coraggioso matador. Pura materia artistica per Francis Bacon, uomo innamorato pazzo degli altri uomini, cultore radicale del corpo maschile, divorato da una voglia insaziabile di eros : facilmente ci s’immagina come uno spettacolo intriso di violenza, gioco e spericolata sensualità quale la corrida possa stimolare la sua fantasia.

Più difficile è invece interpretare la parata nazista che si profila nel riquadro in secondo piano, ai margini della scena centrale. Vero che il pittore infila richiami al Terzo Reich ovunque, forse per esorcizzare il ricordo dei bombardamenti su Londra vissuti in prima persona, ma stavolta l’abbinamento con il combattimento taurino davvero non si spiega. Come una donna, Francis Bacon : non cercate di capirlo, amatelo e basta.


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