Il 5 maggio scorso qui in Francia è stato un giorno importante, degno di un discorso ufficiale del presidente della Repubblica e delle inevitabili polemiche annesse : il 5 maggio 2021 cadeva infatti il duecentesimo anniversario della morte di Napoleone Bonaparte. Due secoli esatti che il formidabile stratega militare, incoronato imperatore dei Francesi con il nome di Napoleone 1°, scompariva sull’isola di Sant’Elena, nel mezzo dell’oceano Atlantico, dove si trovava in esilio forzato da oltre cinque anni ; poco più che cinquantenne ma dal fisico gravemente indebolito, colui che per quasi un decennio fu l’uomo più potente del mondo veniva stroncato da un male non ancora del tutto appurato, probabilmente un cancro allo stomaco.
Le sue spoglie, tuttavia, per ritrovare il suolo patrio dovevano attendere fino al 1840, quando erano finalmente riportate in terra francese e deposte all’Hôtel des Invalides, a Parigi, dentro il voluminoso sarcofago di porfido rosso dove riposano tuttora. Ed è proprio agli Invalides, antico ospedale militare riconvertito in monumento nazionale, che in questo periodo si sta tenendo una mostra dedicata al validissimo condottiero : Napoléon ? Encore ! è un percorso allestito nel Museo dell’Esercito che vuole rivisitare la figura di Napoleone da un punto di vista inedito, lontano dalla storiografia ufficiale o la lettura politica, il punto di vista dell’arte contemporanea. Trenta artisti di fama internazionale, tra i quali il tedesco Georg Baselitz, il russo Pavel Pepperstein e l’americano Julian Schnabel, sono stati invitati a esprimersi liberamente su questo personaggio insigne e controverso, dando alla luce creazioni che non hanno timore di provocare scandalo.
E in barba al ritratto di Napoleone che incorona se stesso o quello che lo presenta come uno schiavo nero incatenato, realizzati rispettivamente da Yan Pei-Ming e Damien Deroubaix, l’artista francese Pascal Convert è arrivato a concepire qualcosa di scioccante, di sensazionale, qualcosa capace persino di distogliere i parigini dai loro incessanti lamenti contro il maltempo – e lì vi assicuro che ce ne vuole. Il suo Mémento Marengo è un’installazione che supera ogni aspettativa : consiste infatti nella ricostruzione tridimensionale dello scheletro del cavallo preferito del generale, il purosangue Marengo, con la trovata d’appenderlo proprio a picco dell’imponente sarcofago. Come modello per lo scheletro equino, pensate, è stata presa l’ossatura originale dell’animale, attualmente conservata presso un museo londinese.
Appena ho visto una foto di questa curiosa invenzione, ho creduto a un azzardoso connubio tra scienza e mitologia : la spada di Damocle finita per sbaglio tra le carcasse di dinosauro penzolanti dal soffitto, insomma il trionfo della fantasia grottesca. Peccato però che la mia supposizione, forse dovuta al ricordo di quando da bambino mi portavano al Museo di storia naturale nei giardini di Porta Venezia a Milano, conducesse del tutto fuori strada.
Pascal Convert, scultore e documentarista specializzato in tematiche storiche, ha spiegato che la sua opera è un tentativo d’umanizzare l’immagine leggendaria di Napoleone Bonaparte, ridimensionarne la levatura spesso descritta come eccezionale, addirittura divina. In linea con il rito antico che voleva la sepoltura del cavallo accanto a quella del suo cavaliere, e con la tradizione romana d’accogliere il generale vincitore con manifestazioni di giubilo ma altresì d’affiancargli uno schiavo che gli ricordasse la precarietà della vita ripetendo la celebre formula latina Memento mori, l’artista rende omaggio alla memoria del grande statista francese e allo stesso tempo gli rivolge un importante monito nell’aldilà : il monito di non cedere alla tracotanza, di rimanere con i piedi per terra nonostante i successi ottenuti. Bada, Napoleone, bada bene, anche tu sei un essere mortale !
Per essere diretto a qualcuno già deceduto, l’avvertimento suona bizzarro, forse un poco inopportuno, ma l’evidente paradosso purtroppo non è stato preso tanto alla leggera dai cultori del mito napoleonico. Ne hanno dette di tutti i colori, contro lo scheletro appeso : diavoleria di cattivo gusto, profanazione di un luogo considerato necropoli nazionale, decostruzione della Storia di Francia… insomma la stramba opera d’arte ha offerto l’ennesima occasione per riaccendere un dibattito ora molto sentito, quello tra sostenitori e detrattori del politicamente corretto. Povero cavallo, dico io, anche da morto viene buttato nella mischia, coinvolto in una battaglia pseudo ideologica cui lui probabilmente avrebbe fatto a meno di partecipare.
Ciao Riccardo, ho visto questo tuo articolo e mi sono presa di diritto un po’ di riposo x leggerlo con tranquillità. Complimenti per la scelta di commentare un’opera di per sé bizzarra e della quale io ignoravo persino l’esistenza. Ma è noto : io sono una capra. A mio avviso questo articolo inizia un po’ in sordina, lentamente per poi riscattarsi verso la fine con la riflessione sul cavallo. Ti dico questo perché quando scriverai il tuo libro devi fare in modo di interessare subito il lettore, quasi un adescamento per poi raccontare la tua storia. Comunque tanti complimenti perché ormai,lo sai, sei molto bravo. Però rammenta: tempus fugit non sprecare questo tuo talento. Vecchia pentola di fagioli ( che sono io come dice mio marito) e tanti cari saluti a voi tutti. Rita