L’arte contemporanea va a fuoco !

Non importa tanto la notizia in sé quanto la profondità della riflessione che se ne può trarre : perché è a partire dai fenomeni più insignificanti, badate, dalla pagliuzza negli occhi, che si costruiscono i massimi sistemi. Insomma oggi voglio darmi alla filosofia da bar, quella che piace a me. Poco più di due settimane fa, un giorno di fine aprile, nei pressi del Centraal Museum di Utrecht, nei Paesi Bassi, si è prodotto un piccolo incidente che ha incuriosito la stampa locale. Un dipendente comunale, assunto temporaneamente per la manutenzione delle aree verdi, si trovava vicino al principale museo d’arte della città, intento a eliminare delle erbacce con un apposito bruciatore portatile, quando il suo zelo eccessivo l’ha indotto a commettere un terribile errore, un errore di cui mai avrebbe immaginato la reale portata.

Fontana - Marcel Duchamp
Fontana
Marcel Duchamp
1917. Ready-made

Non lo sapeva, lo sventurato, che il tappeto di piante che ricopriva una scalinata dietro al museo era una creazione dell’artista olandese Birthe Leemeijer, non sapeva che il suo valore era di 250 000 euro, non sapeva che a comporlo erano felci come il capelvenere e la phyllitis scolopendrium, e non sapeva nemmeno che la conservazione di questa vistosa opera floreale era già costata 3 anni di lavoro gratuito a un comitato di cittadini ecologisti : non lo sapeva, lui, non sapeva proprio nulla, altrimenti ci avrebbe pensato due volte prima di dare alle fiamme il grande manto erboso. Gli sono bastati 15 minuti per fare piazza pulita di The Disappearing Steps, i gradini che scompaiono, inno creativo all’importanza della flora nello spazio urbano.

All’incidente il Comune di Utrecht ha risposto con scuse risentite e soprattutto con la promessa di farsi carico delle spese di ripristino della scalinata ricoperta d’erba, aggiungendoci un contributo supplementare che stabilisca chiaramente la natura artistica dell’opera. Perché di questo si tratta, questo il vero problema che affligge l’arte contemporanea : ci si è spinti talmente in avanti, oltre i limiti del pensabile, talmente distanti dalle Colonne d’Ercole, che risulta ormai impossibile distinguere la feccia dal vino. E allora non c’è da stupirsi se la gente non ci capisce più niente, se capitano episodi come quello di Utrecht, se una composizione floreale a carattere artistico viene scambiata per un cumulo d’erbacce.

America
Maurizio Cattelan
2016. Scultura in oro

C’era un tempo, ora lontano come la preistoria, in cui un dipinto era un dipinto, una scultura era una scultura, e un calesse era un calesse ; c’era un tempo in cui ogni cosa stava al suo posto. Poi qualcuno ebbe la furbissima idea di mettere tutto questo in dubbio, l’idea di collocare in uno spazio espositivo una ruota di biciletta montata su uno sgabello o un comune orinatoio. E lì, tutti gli andarono dietro. Gallerie, collezioni private e musei invasi da letti sfatti, cumuli di pneumatici, banane appiccicate al muro… oggetti stravaganti, oggetti di qualsiasi sorta, oggetti che spesso avrebbero trovato un miglior impiego altrove. Fu la completa baraonda, fu l’azzardo di cui paghiamo tuttora lo scotto.

Cosa dite, la mia analisi è riduttiva ? Certo che è riduttiva, rozza e parecchio riduttiva, però fate attenzione : nel grande carnevale dell’arte, continuando di questo passo, accadranno sempre più di frequente spiacevoli equivoci. L’uomo comune, l’uomo della strada, quello che va raramente al museo e legge pochi libri, messo davanti a un’opera ambigua ricorre sempre all’interpretazione più semplice, non cerca significati nascosti : tratta le cose per quello che sono realmente. Stavolta è toccato alla scalinata d’erba della Leemeijer ; in un’altra occasione, chissà, potrebbe accadere al pisciatoio di Duchamp o al cesso dorato di Cattelan.

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