La luna e sei soldi, romanzo di W. Somerset Maugham

Tra i tanti scrittori del ventesimo secolo che stanno pian piano cadendo nell’ingiusto dimenticatoio, senza tra l’altro poterci far nulla essendo per la maggior parte morti, uno mi è particolarmente caro : il britannico William Somerset Maugham (1874 – 1965), autore di una notevole mole di romanzi, novelle e opere teatrali che offrono uno struggente spaccato della società borghese d’inizio Novecento. I critici letterari della sua epoca, pensate, erano poco gentili con lui, considerandolo alla stregua di un semplice campione d’incassi editoriali ; per leggere della vera letteratura, secondo i loro criteri, bisognava orientarsi preferibilmente verso la prosa impervia e le sperimentazioni linguistiche di James Joyce o Virginia Woolf. Beh, vi dirò, bagatelle letterarie a parte, a me Somerset Maugham piace, piace moltissimo, il suo stile è una delizia capace di resistere degnamente al passare del tempo : avercene, oggi, degli scrittori come lui !

D’accordo, vi domanderete voi, ma perché stavolta esordisco con questo breve encomio del vecchio Maugham ? C’è uno dei suoi romanzi, probabilmente uno dei suoi capolavori, che narra una vicenda ambientata oltre cent’anni fa ma in cui, sono sicuro, alcuni dei miei lettori potrebbero riconoscersi. S’intitola La luna e sei soldi (dall’inglese “The Moon and Sixpence”), ed è ispirato alla vita del pittore francese Paul Gauguin. Somerset Maugham lo scrisse nel 1919, in età matura, quando il successo di alcune sue pubblicazioni e di diversi spettacoli tratti da sue piéces teatrali gli aveva già fatto guadagnare una discreta fama nell’ambiente culturale anglosassone. Autore ormai affermato, Maugham decideva di raccontare la storia di un risveglio artistico, o meglio di una tardiva conversione all’arte : insomma, la storia di un uomo che a quarant’anni compiuti, con una famiglia a carico e una carriera come agente di borsa ben consolidata, sceglie di mollare tutto per dedicarsi a qualcosa di completamente estraneo al suo piccolo, tedioso mondo, sceglie di dedicarsi alla pittura.

La luna e sei soldi, tengo a precisare, non è una biografia romanzata di Paul Gauguin ; sull’artista francese, all’epoca di Maugham, circolavano già non pochi testi : sarebbe quindi stato banale proporre al pubblico un’ulteriore cronaca della sua esistenza travagliata. Lo scrittore britannico trasse spunto da alcuni fatti reali, e nello specifico dall’abbandono da parte di Gauguin del confort borghese a favore di una vita più precaria ma anche più libera, per costruire un personaggio di finzione emblematico di una certa tipologia umana.

Charles Strickland, il protagonista del libro, è un impiegato modello nella Londra d’inizio Novecento : sposato e padre di due figli, rappresenta l’avverarsi del sogno di qualsiasi persona di classe media. Come spiegare, allora, la sua fuga prima a Parigi poi nella lontanissima isola di Tahiti all’inseguimento di chissà quale fantasia, chissà quale delirio ? Io voglio dipingere, risponde Strickland quando viene interrogato sul perché della sua rinuncia alla precedente vita famigliare : come se la dedizione alla pittura, la dedizione all’arte, per dare dei risultati di merito, comporti un impegno esclusivo, un sacrificio inevitabile, un atto di fede in una forza oscura e sovrannaturale che innalza l’individuo ma al tempo stesso lo allontana dal resto della comunità umana.

Diventato in pochi anni un pittore di genio, tuttavia, Charles Strickland non dimostra quella grandezza d’animo tipica degli eroi romantici che popolavano l’immaginario artistico tra diciannovesimo e ventesimo secolo, al contrario : la sua abnegazione è così radicale da privarlo di qualsiasi scrupolo nel commettere il male. Cinismo, tradimenti, indifferenza verso i sentimenti persino delle persone che si offrono di aiutarlo nelle difficoltà… quando non è occupato nell’attività creativa, Strickland ne combina di tutti i colori, e ciò che più inquieta è la sua evidente apatia nei confronti di ogni manifestazione di pietà – pietà verso gli altri ma anche pietà verso se stesso. Non agisce per soldi, non agisce per una banale ricerca di celebrità, ma non agisce nemmeno per quella che viene considerata semplice soddisfazione personale : e dunque qual è il vero scopo, qual è l’inarrivabile traguardo di questa folle corsa autodistruttiva ? Forse, nel suo breve e doloroso romanzo, Somerset Maugham voleva provarci che l’arte non basta a rendere un uomo migliore ; ma il perché molte persone, di punto in bianco, ieri come oggi, siano invase da un inarrestabile bisogno di creare, resta ancora un mistero irrisolto.

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Una risposta a "La luna e sei soldi, romanzo di W. Somerset Maugham"

  1. Il bisogno di creare equivale ad una presa di coscienza dell’individuo che si pone dinanzi allo specchio ponendosi domande: cosa ci faccio qui? Chi sono? Cosa ho fatto della mia vita? Domande alle quali è difficile rispondere. Creare, comporta l’illusione di non aver speso la propria vita inutilmente, ma resta comunque un’illusione umana che addolcisce la fatica di vivere…

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