Sarà capitato a noi tutti, almeno una volta nella vita, di rincontrare qualcuno conosciuto brevemente in una circostanza precaria. Che so, magari il vicino di sedile di un lungo viaggio in treno con cui abbiamo simpatizzato e conversato per una buona oretta, oppure la ragazza in coda proprio dietro di noi all’ufficio postale che ci ha alleggerito l’attesa scambiando qualche battuta, oppure, situazione più rocambolesca, il tipo mezzo ubriaco che in discoteca ci ha preso per un personaggio famoso e con cui abbiamo brindato al nostro quarto d’ora di celebrità. Persone, insomma, che non sono diventate veramente nostre amiche, e nemmeno dei semplici conoscenti, ma che nella nostra memoria rimangono associate a una specifica occasione, un episodio non troppo lontano, e se incrociate nuovamente per strada o in un qualsiasi luogo pubblico ci procurano una piacevole sensazione di comunanza, di complicità, d’identificazione. Ritrovandole, queste persone, è quasi come se ritrovassimo noi stessi.
Vi propongo questa piccola riflessione dato che recentemente sono capitato in una situazione non troppo dissimile da quelle sopraindicate, con la differenza che stavolta, al posto di una persona in carne e ossa, il mio rincontro è avvenuto con un’opera d’arte, nella fattispecie un dipinto a olio su tela. Mi trovavo al Museo d’Orsay di Parigi, probabilmente uno dei più bei musei d’arte al mondo, custode di opere straordinarie di Courbet, Van Gogh e Delacroix, quando vagando di salone in salone sono capitato quasi senza volerlo in una mostra temporanea dedicata alla pittura simbolista dei paesi baltici.

Stanisław Jarocki
1910. Olio su tela
Anime selvagge – Il simbolismo nei paesi baltici è un’esposizione che raccoglie diversi quadri realizzati da artisti originari di quelle terre identificate con le attuali Estonia, Lettonia e Lituania ma che fino a cent’anni fa erano ancora sotto il dominio russo o germanico. Complessa, infatti, è la storia delle repubbliche baltiche, e vi confesso che malgrado i miei recenti viaggi nelle città di Vilnius, Kaunas, Riga e Tallinn non sarei in grado di fornirvene una descrizione riassuntiva – come del resto non sarei in grado di esprimere un giudizio obiettivo sull’accoglienza a tratti schiva a tratti estremamente cordiale che i loro abitanti riservano a noi turisti meridionali.
L’intento della mostra del Museo d’Orsay è di illustrare la comunione di stili e temi nell’arte figurativa baltica nel periodo compreso tra il 1890 e il 1930 : bellissimi quadri di Mikalojus Konstantinas Čiurlionis, maestro indiscusso della pittura e della musica lituane d’inizio ventesimo secolo, si trovano pertanto accostati a lavori di artisti ancora poco conosciuti nel resto d’Europa, fatta forse eccezione per l’estone Konrad Mägi cui la Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di Roma ha dedicato lo scorso anno un’importante retrospettiva.
Il dipinto galeotto, complice inconsapevole del breve momento di ritrovo con me stesso, se mi concedete l’espressione farraginosa, è un grande olio su tela in cui m’imbattevo già due anni fa nella Galleria Nazionale d’Arte di Vilnius : un quadro che all’epoca aveva favorevolmente destato la mia attenzione, spalancandomi una finestra dipinta nel chiuso delle sale espositive, mi si presentava nuovamente nell’affollato museo parigino. La Samogizia sacra è opera di Stanisław Jarocki (1871 – 1944), un pittore polacco che trascorse buona parte della sua vita a Vilnius, città in cui riuscì ad abbinare i lavori d’insegnante di pittura e promotore culturale all’attività propriamente artistica. Ritraeva paesaggi, Stanisław Jarocki, i suoi dipinti a olio e i suoi disegni a pastello rappresentavano i dintorni di Vilnius e le pianure lituane. Anche il quadro in questione, infatti, è una larga veduta campestre.
Dall’alto di un promontorio, punto di osservazione ideale segnalato peraltro da tre croci di legno, lo sguardo dell’artista si getta sulle piane della Samogizia, regione della Lituania nordoccidentale lungamente contesa tra Cavalieri Portaspada e Cavalieri Teutonici e luogo di strenua resistenza ai tentativi di russificazione operati dall’impero zarista. Ha certamente una portata storica, simbolica, identitaria, questo paesaggio riprodotto su tela, ma a provocarmi la leggerissima, irresistibile commozione che dalla fredda Vilnius mi aveva seguito fino a Parigi erano piuttosto i suoi colori tenui, le luci del tramonto, lo spesso orizzonte che potrebbe alludere alla linea del mar Baltico. In quel paesaggio, in quella natura, in quella finzione dipinta da Stanisław Jarocki ritrovavo l’arte, il viaggio, me stesso a zonzo nell’incomprensibile Lituania. E forse, detto tra noi, ritrovavo anche qualcosa del pittore inglese William Turner.
E’ proprio vero che troviamo qualcosa di Turner
Un caro saluto
Un saluto a te 😉
Ho l’impressione che la linea d’orizzonte di questo quadro ricambi il nostro sguardo come un’icona mariana che fissata negli occhi ci fissa negli occhi, forse perché ci riconosce…
Non avevo pensato all’icona mariana, ma l’idea di piace !