Biennale di arte contemporanea di Lione 2017

In Francia è così, Parigi piglia tutto. Questa è l’opinione corrente, che si parli di calcio, di moda o di affari : ogni strada porta alla ville lumière, e ciò che rimane escluso dalla cerchia dei quartieri capitali, intra muros dicono in francese, viene confinato nell’impasto grande e confuso dell’anonima provincia. Tuttavia, più spesso di quanto s’immagini, accade che altre città riescano a scalzare il primato parigino, sovvertendo in tal modo la brutta abitudine centripeta francese.

Simbolo della riscossa degli eterni secondi, Lione, città che in fatto di qualità della vita ha tutto da insegnare alla frenetica capitale, ogni due anni a partire dal 1991 ospita un’esposizione d’arte dal respiro internazionale, la Biennale d’arte contemporanea di Lione.

Iniziata il 20 settembre 2017 e programmata fino al 7 gennaio 2018, la presente edizione della Biennale di Lione è il secondo capitolo di una trilogia che il direttore artistico Thierry Raspail ha deciso di dedicare al concetto di “moderno”. Che cos’è il “moderno” ? A Emma Lavigne, commissaria dell’esposizione, piace citare il poeta Charles Baudelaire secondo cui il moderno è il transitorio, il fuggitivo, il contingente, la metà dell’arte la cui altra metà è l’eterno e l’immobile.

Il titolo della presente Biennale, Mondes flottants (in italiano “Mondi galleggianti”), lascia piuttosto pensare alla realtà liquida teorizzata da Zygmunt Bauman, celebre sociologo polacco recentemente scomparso. In un mondo in continua trasformazione, percorso da incessanti flussi migratori, finanziari, culturali, scosso da improvvisi balzi in avanti e violente battute d’arresto, in un mondo insomma dove la liquidità la fa da padrone, l’individuo vive una situazione di perpetua insicurezza e sradicamento, lasciato semmai a consolarsi con le gioie effimere del consumismo : comprare, utilizzare, gettare, comprare, utilizzare gettare, comprare, utilizzare, gettare…

Wide White Flow
Wide White Flow
Hans Haacke
1967-2017. Tecnica mista

Partendo da questi ambiziosi presupposti, poesia baudleriana e sociologia baumaniana (pare uno scioglilingua !), la Biennale di Lione 2017 cerca di tracciare un percorso ideale nella creazione artistica contemporanea, frammentaria e transitoria come la società cui s’ispira. I luoghi in cui si articola l’evento sono principalmente il Museo d’arte contemporanea di Lione, lo spazio espositivo de La Sucrière e la Place Antonin Poncet, dove è ubicata la grande installazione Radôme dell’artista americano Richard Buckminster Fuller.

Radôme
Radôme
Richard Buckminster Fuller
1957. Installazione temporanea

Non potendo trattare tutte le opere presenti alla mostra, la mia sarà una rapida carrellata su quelle ritenute più rappresentative o che per ragioni a loro proprie mi sono sembrate meglio corrispondere alle tematiche sovraesposte. Tra tantissime installazioni, tante fotografie, qualche scultura e pochissimi dipinti, ho selezionato cinque creazioni artistiche moderne, transitorie, liquide, contingenti : opere che paiono cucite su misura per la Biennale 2017.

Il primo rimando visibile ai mondi galleggianti immaginati dalla curatrice Emma Lavigne è Wide White Flow (trad. Largo Flusso Bianco), impressionante installazione in cui s’imbattono i visitatori appena entrati nello spazio della Sucrière. Ricostruzione di un’opera del tedesco Hans Haacke concepita nel 1967, Wide White Flow è costituita da un enorme ritaglio di seta fatto fluttuare nell’aria dal soffio di quattro potenti ventilatori : un flusso leggerissimo e impalpabile, interrotto da rapide increspature, che si fa e si disfa con la stessa inarrestabile costanza dello scorrere del pensiero – o se vogliamo essere più prosaici, con lo stesso monotono puntiglio di un lenzuolo appena lavato.

Babel
Babel
Cildo Meireles
2001. Tecnica mista

Improntato sempre al fare e disfare, alla natura effimera della creazione e della società moderne, è l’esperimento The Art dell’artista americano Ari Benjamin Meyers, ovvero un gruppo musicale a scadenza limitata. Formato da giovani studenti reclutati ad hoc in scuole d’arte locali, The Art si esibirà ogni weekend per tutta la durata della Biennale al secondo piano della Sucrière : musicisti più o meno improvvisati saranno lasciati liberi d’interpretare una base composta da Meyers stesso. Finita la Biennale, finirà anche la carriera della giovanissima band.

L’opera che però meglio sintetizza il grande tema della Biennale è un’imponente installazione dell’artista brasiliano Cildo Meireles posta all’ingresso del MAC Lyon, il Museo di arte contemporanea : Babel, ossia tantissime radio accese e impilate le une sulle altre a creare una surreale torre sonora. La cacofonia prodotta dalle musiche, dalle voci e dai semplici rumori emessi dagli apparecchi radiofonici, unita alla suggestione visiva dell’insieme, suscita un’esperienza sensoriale che lascia frastornati peggio di qualsiasi zapping compulsivo.

Tra un suono e l’altro, tra una radio e l’altra, la “torre dell’incomprensione” di Cildo Meireles è il voluminoso e fragile prodotto artistico contemporaneo che sovrasta noi piccoli visitatori ; dalle vette del suo concetto, dalle vette della sua polifonia stonata, Babel ci rappresenta il mondo quale un’audace e confusa costruzione che puntando in alto, più in alto, in direzione del cielo, in ogni momento potrebbe fragorosamente rovinare a terra. E a quel punto cessare di produrre qualsiasi rumore.

Rainforest V (variation 2)
Rainforest V (variation 2)
David Tudor
2015. Tecnica mista

Ancora di suoni e di spazi tratta Rainforest V (variation 2) dello statunitense David Tudor. Nato a Philadelphia nel 1926 e scomparso nel 1996, Tudor fu pianista e compositore prima che artista visivo : nel corso della sua lunga carriera, infatti, stabilì una importante collaborazione con il noto sperimentatore musicale John Cage.

L’opera di David Tudor presente alla Biennale di Lione occupa un’intera stanza del Museo di arte contemporanea e consiste in un ecosistema di oggetti – così la descrive la guida della mostra – che immerge il visitatore nel cuore di una vera materia sonora. Le eccentriche sculture appese al soffitto, oltre a occupare il loro spazio fisico, emanano dei suoni di varia natura, ticchettii, versi e percussioni che riempiono il vuoto circostante. Un gioco concettuale in cui la dimensione ludica ha la meglio su quella riflessiva : non a caso la stanza del museo in cui si trova Rainforest V (variation 2) è quella preferita dai giovanissimi visitatori.

Flügen, Klingen
Flügen, Klingen
Susanna Fritscher
2017. Pale, motore

L’opera conclusiva della nostra breve rassegna è un’invenzione dell’artista Susanna Fritscher, nata nel 1960 a Vienna e attualmente residente a Montreuil, poco distante da Parigi. Flügen, Klingen (trad. Ali, Lame) sfrutta lo spazio interno circolare di un silo della Sucrière per creare differenti tonalità sonore. Lo spostamento d’aria provocato dalla rapida rotazione di eliche meccaniche agganciate al soffitto, infatti, produce un suono che sale man mano di intensità. Girano le eliche di Flügen, Klingen, girano sempre più vorticosamente, e l’ambiente industriale rivela il proprio potenziale di risonanza acustica : a dimostrazione della capacità dell’arte di svelare aspetti inediti, talvolta trascurati, del mondo in cui viviamo.

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