Ogni volta che mi reco al Museo di Arte Contemporanea di Lione, il MAC Lyon come lo chiamano i francesi, mi piace compiere un piccolo rituale, qualcosa di vagamente scaramantico per prepararmi all’esperienza che di lì a poco mi attende nelle sale espositive.
Il MAC Lyon si trova alla Cité international, un quartiere nuovo di Lione a cavallo tra il parc de la Tête d’Or e la sponda orientale del fiume Rodano, e per me che arrivo da sud raggiungerlo significa attraversare tutto il centro città in macchina. Un tragitto, questo, che solitamente mi procura meno snervamenti del terribile quarto d’ora che invece trascorro nella disperata ricerca di un parcheggio non a pagamento nei dintorni del parco. Vivendo in provincia ormai da alcuni anni, sapete, non sono più abituato alla miseria di parcheggi che purtroppo impesta le grandi città, e dover girare anche solo dieci minuti per scovare un buco in cui infilare l’auto mi procura un’immensa frustrazione.
Il rituale cui accennavo poco sopra, comunque, inizia dopo aver trovato un posto per la macchina, quando finalmente m’incammino tra i grandi viali alberati del parc de la Tête d’Or in direzione del museo. Una passeggiata, ecco in cosa consiste il mio rituale, una breve e tranquilla camminata che preferisco compiere da solo, senza la fretta di arrivare a destinazione.
Banale, dite voi ? Forse è banale, il mio rito, ma a me piace così : gettando blande occhiate alle persone sdraiate sull’erba o osservando da distante il laghetto al centro del parco, è come se già adeguassi il passo al lento ciondolare da una sala all’altra del MAC Lyon : come se m’immergessi nella contemplazione di un luogo, Lione, città in cui non paiono esistere problemi se non quello di trovare posteggio.
(Sono sciocco, lo ammetto, oggi non so come abbordare il discorso e pertanto, nel maldestro tentativo di girarci intorno, sono finito in un vicolo cieco. Ricominciamo allora da capo.)
Ci sono cose, oggetti, posti o persone talmente radicate nei nostri pensieri, talmente cristallizzate nel nostro comune sentire, che quando facciamo loro riferimento è come se ci addentrassimo nel territorio del mito, oppure, nel peggiore dei casi, come se cadessimo nel puro stereotipo, che del mito rappresenta il naufragio ossia la semplice banalizzazione. Lione : nello spazio di un pomeriggio, solitamente di sabato, questa elegante città francese diviene per me un focolaio d’immagini e pensieri, la fonte mitologica da cui far scaturire molti degli articoli che vi somministro con regolarità ogni giovedì mattina.
L’esposizione che recentemente ho visitato al MAC Lyon tratta proprio di questo, l’idea mitica (mitologica?) che influenza la nostra comune percezione di qualcosa : nel presente caso, invece che Lione, la città americana di Los Angeles. Mica male come trovata. Los Angeles, una finzione, così si chiama la mostra in questione, avrei voluto dedicarle un post ma per il momento, come vi sarete resi conto, sono riuscito solo a parlare di aria fritta. Colpa forse dei vertiginosi sbalzi temperatura degli ultimi giorni, o piuttosto dell’insostenibile appesantimento delle palpebre di cui soffro la sera dopo cena. Fatto sta che non ho ancora scovato l’innesco, trovato il quid direbbero quelli che parlano bene, e purtroppo l’articolo fatica tuttora a decollare.
Presto e bene mal si conviene, recita il proverbio : facciamo che mi prendo ancora qualche giorno, tempo ce n’è e l’estate si avvicina, mi riprometto a breve di farvi un resoconto sulla Los Angeles che in questi giorni sta a Lione. Portate pazienza, ve ne prego.
Un tono d’ironia non guasta mai!
L’articolo è comunque interessante
Un caro saluto
Adriana