Vasilij Kandinskij è arrivato a Milano, e con lui un bel pezzo di tradizione culturale russa. La mostra che il Museo delle Culture in via Tortona dedica in questi giorni al grande maestro dell’arte astratta, infatti, non è solamente una retrospettiva sulla sua pittura degli esordi – quasi 50 sono i suoi quadri esposti – ma anche una coinvolgente incursione in terra lontana, nelle fiabe e nelle leggende tramandate dal popolo delle gelide pianure immense. Il racconto di una storia, ecco come si presenta la mostra Kandinskij. Il cavaliere errante, e come molte altre storie anche questa inizia con un viaggio.

Vasilij Kandinskij
1914-1915. Olio su cartoncino
Nell’estate del 1889, ancora studente alla facoltà di legge di Mosca, il giovane di buona famiglia Vasilij Vasil’evič Kandinskij effettua una spedizione di più di un mese nel governatorato di Vologda, a nord della capitale zarista, con lo scopo di studiare le credenze popolari e il diritto penale delle comunità rurali russe. A motivarlo, oltre l’incarico commissionatogli dalla Società Imperiale delle Scienze Naturali, di Antropologia e di Etnografia, è il desiderio interiore di scoperta, il desiderio di vedere con i propri occhi i luoghi dove nacquero, in tempi ormai remoti, le favole ascoltate da bambino.

Vasilij Kandinskij
1898. Olio su tela
Pur non trovando draghi, cavalieri e magie, il giovane studente rimane profondamente colpito dall’architettura delle grandi case di legno in cui viene accolto dagli abitanti locali, e ancor più dai dipinti straordinari che ne decorano gli interni. Le larghe pareti interamente ricoperte di vivissimi colori provocano in lui una suggestione unica, accostabile a quella provata all’interno delle chiese affrescate : la sensazione totalizzante di penetrare nella Pittura.
Per il giovane in cerca di se stesso, ancora incerto se la carriera accademica come professore di diritto sia davvero la sua strada, questo viaggio nella regione di Vologda è un momento di rivelazione, tanto che rientrato a Mosca Vasilij Kandinskij inizia a collezionare oggetti artigianali della cultura popolare da cui è stato così affascinato, icone, stampe, giocattoli fatti a mano, e a partecipare con grande interesse a eventi artistici quali mostre e concerti.
Dolcissima è la sua meraviglia di fronte ai dipinti di Rembrandt esposti al museo dell’Ermitage di San Pietroburgo, turbato il suo stupore davanti al Lohengrin di Wagner messo in scena al Teatro Bol’šoj di Mosca. Ma Kandinskij non si ferma alla collezione e alla contemplazione del bello : lui vuole creare, e gli strumenti che a tal proposito gli risultano più congeniali sono il pennello, la tela e la tavolozza di colori.

Vasilij Kandinskij
1909. Olio su tela
Rifiutata la cattedra di diritto all’Università di Tartu, nell’attuale Estonia, l’aspirante pittore si trasferisce a Monaco di Baviera per seguire corsi privati e lezioni all’Accademia di Belle Arti, dove tra gli altri allievi fa conoscenza del giovane Paul Klee. Non è una vita da bohémien quella da lui condotta nella città tedesca, ma a trent’anni compiuti e già sposato Vasilij Kandinskij trova a Monaco un luogo d’ispirazione e crescita intellettuale. I vicoli, i tetti aguzzi degli edifici, l’andirivieni urbano… e poi, soprattutto, i colori : le tinte vivaci delle vie di Monaco gli riportano alla memoria il mondo fantasticato in giovanissima età, lo stesso che qualche anno addietro pensava di rinvenire nei distanti territori del governatorato di Vologda.

Vasilij Kandinskij
1916. Olio su cartoncino
Kandinskij dipinge, dipinge tanto, la tecnica pittorica praticata nella prima gioventù in maniera quasi ingenua viene adesso istruita secondo i dettami accademici, ma l’artista non si fa imbrigliare da canoni estetici irrigiditi ; come se il suo sguardo fosse rivolto altrove, verso quell’arte arcaica e istintiva scoperta nelle lontane dimore dei suoi avi. Vasilij Kandinskij è un uomo di profonda cultura e istruzione, ma nell’esercizio della pittura sviluppa inizialmente un atteggiamento anti intellettualistico, i suoi quadri devono piacere a lui prima che ai custodi della tradizione artistica o ai semplici seguaci della moda.
Da Monaco, quindi, l’artista russo muove i passi iniziali per un altro viaggio, stavolta non dalla città alla sperduta campagna o dall’impero zarista al Regno di Baviera : il viaggio verso l’astrazione, come recita appunto il sottotitolo della mostra al Mudec di Milano. Le prime prove nella pittura figurativa, quali il meraviglioso Porto d’Odessa del 1898, lasciano allora spazio all’esplorazione di ambienti favolosi, scene in cui il folklore russo e germanico si sposano con un misticismo trasognato. Simboli medievali, guerrieri, draghi, castelli, sono i protagonisti di strabilianti composizioni cromatiche, una vera gioia per gli occhi di chi le osserva, nei dipinti di Kandinskij confluiscono influenze religiose, mitologia e il poderoso bagaglio culturale accumulato durante anni di studi e ricerche. Una pittura con i piedi che ancora toccano terra, quella dell’artista russo esposta al Museo delle Culture di Milano, prima dell’arrivo al capolinea : prima dell’arrivo nella completa astrazione.
Ti ringrazio tanto per avermi condotto nel viaggio meraviglioso di un grande artista
Il post è molto interessante
Adriana
Grazie a te, Adriana, di seguire sempre le peripezie di questo blog 🙂
Le opere astratte, nonostante siano figlie di una libertà espressiva propria di artisti a noi cronologicamente vicini, se non addirittura contemporanei, risultano spesso le più difficili da apprezzare. Probabilmente perché ci si è abituati a cercare delle risposte nei prodotti artistici, cosa che in realtà ha senso solo per un certo tipo di arte: non è detto che un artista debba e voglia comunicare qualcosa di definito allo spettatore, e lo scenario contemporaneo lo ribadisce di continuo. Ma allora mi chiedo – nel caso dell’astrattismo – da dove dovrebbe scaturire il fascino che pure deve avere un qualcosa offerto allo sguardo del pubblico (perché un artista come Kandinskij, soprattutto nella maturità sua e della sua arte, sarà stato certamente consapevole che l’esibizione sarebbe stata la tappa finale dei propri lavori). Ciò che mi ha fatto spesso esitare nel rispondermi è appunto l’astrazione, un linguaggio non sempre immediato da decodificare. Ma essa, forse, porta già in sé la soluzione: cosa c’è di più affascinante del riconoscere nell’irregolarità delle forme, nell’innaturalezza dei colori, la capacità dell’estro umano di allontanarsi sempre più dai contorni sicuri delle coste da cui è salpato? Quello che personalmente mi cattura delle opere di questo genere è proprio la possibilità di vedervi tutta la fertilità immaginativa di un individuo.
Scusa la prolissità; davvero molto interessante la descrizione del percorso di Kandinskij.
Ti ringrazio dell’intervento, Dario. La mostra milanese è dedicata soprattutto al primo Kandinskij, prima che la sua pittura si faccia compiutamente astratta : sottotitolo dell’esposizione, infatti, è “Il viaggio verso l’astrazione”. Io credo che la pittura astratta sia tra le più difficili da fare (da fare bene), anche perché oggi c’è pieno di gente convinta che basti imbrattare una tela con pennellate casuali per creare dell’arte astratta.