Painting is back. Pittura italiana negli anni ’80

Da quanto era che non andavo a una mostra d’arte ? Dieci mesi, un anno ? Forse addirittura da prima dello scoppio della pandemia : in ogni caso troppo tempo perché riesca a ricordarmene. Visitare Painting is back, la mostra in programma alle Gallerie d’Italia di Milano fino al 3 ottobre prossimo, è stato allora un ritorno alle vecchie abitudini, un ritorno a casa, e questo non tanto per le opere che vi ho trovate esposte quanto per il fatto stesso di essermi recato in uno spazio espositivo. Come molte persone che dopo i ripetuti periodi di confinamento pandemico hanno ripreso alcuni comportamenti della vita di prima, chi andando a vedere film al cinema e chi invece facendo cenoni di famiglia, io sono tornato a ciondolare per le sale di un museo d’arte. In barba alla calura estiva, all’obbligo di mascherina nei luoghi chiusi e alle inevitabili ascelle pezzate.

Senza titolo (Piccolo personaggio marchigiano)
Enzo Cucchi
1979. Olio su tela

L’esposizione, malgrado l’inspiegabile titolo anglofono, tratta un argomento eminentemente italiano : a essere presentate, infatti, sono tutte opere pittoriche realizzate da artisti originari dello stivale tra la fine degli anni ’70 e gli anni ’80 dello scorso secolo. Una larga panoramica su un’epoca ancora poco lontana, spesso ridotta all’estetica vacua e patinata dei primi videoclip di Madonna e degli spot del Lipton Ice Tea ; un’epoca che oltre al mito dei soldi facili e all’edonismo scialacquone ha lasciato un’importante eredità nella cultura contemporanea.

Intanto che il monopolio della televisione di Stato veniva pian piano scalzato dall’emergenza di emittenti private e la politica precipitava in un sistema di corruzione che sarebbe poi sfociato nello scandalo di tangentopoli, l’universo artistico conduceva una vita a se stante. Si erano affievolite le istanze sociali, la militanza, la rabbia dei decenni precedenti, e anche la sperimentazione a oltranza da cui erano nati fenomeni come l’informale o l’arte povera cedeva il passo a una ritrovata spontaneità. Oltreoceano e oltremanica la pop art continuava la sua messa a nudo di vizi e contraddizioni della società dei consumi, ma in Italia alcuni giovani artisti guardavano altrove, guardavano alla tecnica pittorica con rinnovato entusiasmo e soprattutto con l’irresistibile voglia di fare di testa propria, emanciparsi dalle ideologie, le concettualizzazioni e gli intellettualismi che avevano guidato, talvolta anche in maniera coercitiva, tanto pensiero artistico precedente.

Osservatorio
Mario Schifano
1985. Acrilico e smalto su tela

Precursore e allo stesso tempo fautore di questa inedita tendenza era il critico d’arte Achille Bonito Oliva, quando nell’ottobre 1979 pubblicava sulla rivista Flash Art il manifesto di quello che lui stesso battezzava come Transavanguardia, un movimento portato avanti da un gruppo di pittori nati l’indomani della seconda guerra mondiale nel centro e sud Italia. I loro nomi, allora poco conosciuti ma in breve tempo catapultati sulla scena internazionale, erano Enzo Cucchi, Sandro Chia, Francesco Clemente, Nicola De Maria e Mimmo Paladino.

Leave the Artist Alone
Sandro Chia
1985. Olio su tela

Ad accomunare questi giovani artisti non erano propriamente convinzioni, intenti, procedimenti creativi, oppure tratti stilistici delle loro opere ; si trattava piuttosto del modo d’affrontare le cose, dell’attitudine con cui essi interpretavano la pittura. Questa, infatti, dopo essere stata superata, svuotata, negata, rigettata, destrutturata dalle avanguardie storiche, tornava alla ribalta con un nuovo slancio, tornava a ricreare immagini, tornava a raccontare storie, e soprattutto tornava a esprimere emozioni.

Paesaggio con rovine
Salvo
1984. Olio su tela

Ciascuno secondo il proprio estro, gli esponenti della Transavanguardia operavano un ripensamento del fare arte : dipingere rappresentava per loro una ricerca personale, un’azione istintiva, un gesto privo di qualsiasi scopo che trascendesse il gesto stesso. Non volevano cambiare il mondo, e non volevano nemmeno lanciare alcun tipo di messaggio collettivo ; facevano dell’arte per il puro gusto di fare dell’arte. Un tale atteggiamento, che valutato frettolosamente potrebbe apparire indice di superficialità, se non addirittura di bieco individualismo, rispecchiava in realtà lo spirito del tempo.

Quando i grandi sistemi ideologici e religiosi si stavano man mano sgretolando, sostituiti da un fortissimo desiderio di libertà ma anche da un senso di vuoto, di desolazione, gli artisti della Transavanguardia dipingevano il proprio vissuto, il proprio territorio, il proprio sostrato culturale ; dipingevano in primo luogo se stessi. Ecco perciò che i loro lavori diventavano quasi dei ritratti delle loro personalità ; ecco che decadevano i divieti formali, le norme accademiche, le pratiche più in voga e le vecchie inibizioni ; ecco che sulla superficie dei loro quadri venivano reinterpretati in chiave soggettiva svariati influssi di matrice regionale, esotica, folcloristica, letteraria, anzitutto artistica. Era il trionfo dell’ecclettismo, della simultaneità, dell’arte fai da te, e chi più ne aveva più ne metteva. Sandro Chia non provava remore nel rifarsi apertamente a Picasso e Chagall, Nicola De Maria a Malevič e al Suprematismo sovietico, Mimmo Paladino a Giacomo Balla e al movimento futurista d’inizio ventesimo secolo. Niente pareva obsoleto, tutto risultava attuale.

Gilgamesh
Gino De Dominicis
1986. Tempera su tavola

Ma il debito più importante manifestato dagli artisti della Transavanguardia, e anche dagli altri presenti alla mostra presso le Gallerie d’Italia, Valerio Adami, Salvo, Mario Schifano per citarne alcuni, era verso l’illustre tradizione pittorica italiana. Nelle loro grosse tele colorate, abbonate alle fiere internazionali e contesissime dai ricchi collezionisti di tutta Europa, si trovavano spicchi, spunti, brandelli della grande storia dell’arte, senza tuttavia che questo scadesse nel mero citazionismo, senza tuttavia ridursi alla strizzata d’occhio fine a se stessa. Painting is back s’intitola l’esposizione, la pittura è tornata, la pittura è ancora qui, adesso, tra noi : a Milano, in Italia, nel mondo. Anche se a pensarci bene, la linea invisibile che congiunge il presente e il passato dell’arte non si è mai interrotta.

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