Breve divagazione su Sante Egadi

Io e le mie divagazioni, ossia l’arte di cavare il sangue da una rapa : ce ne vuole, in questo periodo di vuoto culturale, ce ne vuole di fantasia per trovare spunti di riflessione. Recentemente, pensate, stavo guardando in televisione un documentario sulla guerra del Vietnam, nulla di più lontano dagli abituali argomenti trattati in questo blog, e da un episodio marginale al conflitto, un episodio svoltosi su suolo americano, mi è scaturita l’improbabile associazione d’idee con qualcosa che da tempo mi ronzava per la testa.

Nel 1971, quando le truppe americane erano presenti in terra vietnamita ormai da diversi anni e lo scontro volgeva sempre più a loro sfavore, l’opinione pubblica negli Stati Uniti dava forti segni di scetticismo sull’opportunità di proseguire l’intervento armato. Immagini di civili trucidati e paesaggi deturpati dai bombardamenti dell’aviazione militare circolavano regolarmente sui giornali e le emittenti televisive, gli studenti delle università organizzavano manifestazioni inneggianti al pacifismo che spesso sfociavano nella violenza, il presidente Richard Nixon prometteva un disimpegno dal conflitto che tuttavia non mettesse a repentaglio l’onore nazionale. E intanto i giovani soldati americani continuavano a tornare dal fronte vietnamita in condizioni pietose : chi senza un braccio o senza una gamba, chi pesantemente sconvolto dalle atrocità subite e perpetrate, chi invece imbustato in un grosso sacco di plastica diretto al camposanto.

L’indignazione e l’amarezza serpeggiavano tra numerosi veterani di guerra, tanto che migliaia di loro decisero di riunirsi un giorno d’aprile di quell’anno nella capitale Washington D.C. per protestare davanti ai palazzi governativi. E fu proprio dinnanzi al Capitol Building, sede ufficiale del Congresso degli Stati Uniti, che si produsse un’originale forma di contestazione. Uno per uno i veterani sfilarono dirimpetto alla folla di manifestanti declinando il proprio nome, il proprio grado, il proprio reggimento, e staccate dalla vecchia uniforme da soldato le medaglie e le decorazioni ricevute al fronte le scagliarono in direzione dell’edificio governativo.

Autoritratto su rooftop
Sante Egadi
2020. Acrilico su tela

Un gesto, questo, dall’enorme portata simbolica : grandissimo è infatti il valore che negli Stati Uniti viene riconosciuto alle onorificenze militari, e il rinunciare a medaglie e nastrini al merito, peraltro in una maniera talmente plateale, era nelle intenzioni dei reduci dal Vietnam un atto di ribellione, di coraggio, e soprattutto una dimostrazione di convinto patriottismo. Perché l’essere patrioti, secondo gli ex-combattenti americani, voleva dire servire il proprio Paese, battersi per il suo bene, ma anche criticarne il governo in carica quando questo si ostinava in delle scelte ingiuste.

Al vedere quei giovani bianchi, neri e ispanici riunirsi nel cordoglio e prendere posizione contro una guerra sbagliata, al vederli gettare via qualcosa per cui si erano sacrificati, al vederli arrabbiati e avviliti, per un’inspiegabile coincidenza mi tornava alla memoria un evento di cui alcuni anni fa si rese protagonista il mio amico Sante Abbinente, meglio conosciuto con il nome d’arte di Sante Egadi. Lui, Sante, di battaglie al fronte non ne ha combattute, tantomeno ha sofferto mutilazioni o disturbi da stress post-traumatico tipici dei sopravvissuti a una zona di guerra ; è una vita pacifica, la sua, iniziata a Salerno alla fine degli anni ’70 e dedicata per buona parte a un’attività che nell’inconscio di molte persone oggi rappresenta quello che una volta rappresentava l’obbligo della leva militare. Lo studio, Sante ha studiato tanto, anni e anni sui libri : successivamente al diploma di perito agrario, si è iscritto alla facoltà di economia presso l’Università L. Bocconi di Milano, trasferendosi dopo due anni all’Università degli studi di Salerno e qui laureandosi nel novembre 2005.

Ma il suo percorso accademico, invece di terminare a questo punto, ha proseguito presso il Dipartimento di Studi e Ricerche Aziendali dell’ateneo salernitano, dove il giovane economista ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca nel giugno del 2012. Da una persona talmente istruita, recordman in fatto d’attestati, diplomi e carteggi vari, c’era d’aspettarsi una carriera professionale folgorante, magari ai vertici della pubblica amministrazione, oppure sempre in ambito accademico. Eppure lui ha fatto una scelta diversa, lui ha deciso di darci un taglio : un taglio con il passato, con i bei discorsi paternalisti, con l’eterna preoccupazione di non farcela. Con l’ossessione del pezzo di carta. La sera del 9 dicembre 2012, sei mesi dopo il termine del dottorato, presso la Sala Prove Giuseppe Morrone di Eboli Sante Abbinente ha tenuto un’audace performance artistica intitolata Curriculum Vitae. Davanti a un pubblico d’invitati, e con sottofondo la musica dal vivo di Gianni Belmonte, ha fatto a pezzi diplomi, titoli e certificazioni a lui intestati, da quello della scuola superiore fino agli ultimi ottenuti.

Un’operazione meticolosa e a lungo premeditata, all’opposto delle baracconate concepite solo per far chiasso, che ha dato luogo a svariate interpretazioni, alcune molto distanti dai veri intenti dell’artista. Distruggere i titoli di studio, a parere dell’ideatore della performance, non significava infatti dimostrarne l’inconsistenza, sminuirne il prestigio, al contrario : rappresentava un superamento, la tappa di una maturazione personale oltre che artistica. Prova ne è il fatto che quei poveri resti, quei brandelli di carta strappata o ritagliata sono stati da lui stesso impiegati per realizzare una serie di collage esposti in giro per l’Italia.

Ma perché, qualcuno si starà domandando, perché oggi vi racconto questo ? Si tratta di una fantasia, un pensiero, una semplice divagazione, come scrivevo all’inizio ; l’idea che un giorno, forse, migliaia di giovani si raduneranno davanti al Ministero dell’Istruzione per ripetere collettivamente la performance di Sante Egadi. E tra loro, tra i ventenni di domani, non sarà più possibile fare distinzione tra diplomati, laureati, disoccupati, raccomandati e scapestrati, non sarà più possibile separare i prodigi della matematica dai quattro in condotta. Per un breve momento, saranno tutti degli artisti.

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