Quel Diavolo di Dostoevskij. E di Franz von Stuck.

C’è un passo, nel monumentale romanzo I fratelli Karamazov dello scrittore russo Fëdor Dostoevskij, in cui l’autore pare divertirsi a confondere il lettore. Ciò che viene narrato, sorge infatti il dubbio, accade realmente, nella finzione letteraria, oppure è il prodotto di una visione, dell’allucinazione di un personaggio malato, oppure, prospettiva ancora più radicale, si tratta di una semplice digressione fantastica, di una finzione nella finzione ?

Siamo in una fase avanzata del racconto, il delitto è già stato commesso, Fëdor Pavlovič Karamazov, il terribile padre dei quattro protagonisti, è ormai stato ucciso, e a breve si svolgerà il processo per determinare il colpevole. Sospettato principale è Dimitrij, il maggiore dei fratelli Karamazov, tutti gli elementi in possesso della giustizia giocano a suo sfavore, ma il secondogenito Ivan, forse il personaggio più tormentato del libro, rientrato a casa sconvolto dopo un incontro con l’odiatissimo fratellastro Smerdjakòv, che gli ha appena rivelato di essere lui il vero autore del crimine, trova nella propria stanza un ospite inatteso. Chi è quest’uomo non più giovane, alle soglie della cinquantina, con capelli brizzolati e barbetta tagliata a punta, vestito con pantaloni a quadretti e una giacca color cannella passata di moda anche tra il bel mondo dell’epoca ?

Dostoevskij lo descrive con una vena di disprezzo, riferendosi a lui come a uno di quei nobili decaduti che nella Russia dell’Ottocento erano diventati dei parassiti d’alto rango : privi ormai di patrimonio finanziario e di proprietà terriere, giravano di casa in casa dei vecchi amici benestanti, mendicando ospitalità e offrendo in cambio la propria compagnia – la compagnia di una persona istruita, socievole e capace di tutto fuorché di lavorare, anche di organizzare una partita a carte. Tra i due, tra Ivan febbricitante e il suo ospite misterioso, inizia un dialogo che diventa presto acceso, quasi rabbioso ; si discute di fede, di religione, di sogni e di menzogne, ma si discute soprattutto della reale identità di questo signore senza nome e dall’aspetto un poco sciupato comparso dal nulla nel pieno della narrazione. E così, pertanto, emerge il senso del breve episodio.

Satana, il Diavolo : l’individuo che il giovane Karamazov ha accolto in casa è il Diavolo in persona, o il prodotto momentaneo dell’immaginazione delirante d’Ivan stesso. A interrompere la scena, a interrompere l’incubo a occhi aperti è l’arrivo di Alëša, il fratello minore, che riferisce la morte improvvisa di… no, beh, questo non ve lo rivelo : non voglio infatti togliervi l’immenso piacere di leggere I fratelli Karamazov. E per quale motivo, allora, oggi ho fatto questa veloce digressione nella grande letteratura russa ? Era il Diavolo a interessarmi, il Diavolo come tratteggiato dalla penna di Dostoevskij : un personaggio modesto, un furfante gentile, neanche meschino, che a furia di ricevere insulti e minacce nel corso della conversazione con Ivan Karamazov ci risulta meno temibile, direi quasi simpatico.

Poco simpatico, anzi, davvero inquietante, è il Diavolo apparsomi di recente, un’infernale giornata di giugno, all’interno del Museo Nazionale d’Arte di Sofia, in Bulgaria. Non mi trovavo, badate, perso tra le pagine di un romanzo, né in una di quelle storielle fantasiose che di tanto in tanto amo inventarmi per alleggerire il tono del blog. Il Diavolo era lì, era lì veramente, in una sala del museo, grande e maestoso mi scrutava con i suoi occhi piccoli e luminosi, il suo sguardo ipnotico, minaccioso, penetrante.

Lucifero
Franz von Stuck
1890. Olio su tela

Si trattava beninteso di un Diavolo dipinto, raffigurato su tela nel 1890 dal pittore tedesco Franz von Stuck in una fase giovanile della sua carriera, ma l’espressione del viso fissa, ieratica, le ali d’angelo caduto ripiegate, la postura incurvata in avanti, simile a quella della celebre scultura Il pensatore di Auguste Rodin, mi provocavano un brivido lungo la schiena. Come poteva esserci arrivato, nella capitale bulgara, il Lucifero di von Stuck ? Leggendo la didascalia accanto al quadro, scoprivo che era stato il sovrano di Bulgaria Ferdinando I ad acquistarlo nello studio dell’artista a Monaco di Baviera, nel 1891, per riportarselo in patria ad alimentare la collezione d’arte regale.

Che gusti, aveva il re bulgaro, e soprattutto che coraggio : ammettere in casa propria, consapevolmente, Lucifero, Satana, Mefistofele, o come preferite chiamarlo, ed esporlo per la gioia (per lo spavento !) degli ospiti. Forse fu proprio la lettura de I fratelli Karamazov, pubblicato nel 1880, pochi mesi prima della morte di Fëdor Dostoevskij, a far nascere in lui una fascinazione perversa per il Diavolo ; oppure Ferdinando I aveva semplicemente pensato che mettere un ritratto del male nel proprio ambiente domestico era una maniera come un’altra di tenere a bada i cattivi pensieri.

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2 risposte a "Quel Diavolo di Dostoevskij. E di Franz von Stuck."

  1. Il Lucifero di Franz von Stuck … incontrando Ferdinando I deve aver sussurrato: “Pleased to meet you / Hope you guess my name / But what’s puzzling you / Is the nature of my game” ( The Rolling Stones, Sympathy for the Devil )

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