Parigi, un gelido sabato d’inizio febbraio. Mentre i gilet gialli occupavano le vie della città e le forze dell’ordine schieravano energumeni immusoniti in tenuta antisommossa, contribuendo così a un improbabile clima da guerra civile, trafelato e intirizzito varcavo le porte del Petit Palais, magnifico edifico eretto nel 1900 in occasione dell’Esposizione universale e adesso adibito a museo.

Fernand Khnopff
1893. Olio su tela
Ad attirarmi verso questo piccolo tempio dell’arte moderna era una mostra dedicata a Fernand Khnopff (1858 – 1921), un pittore a me quasi ignoto : di lui, infatti, fino a quel momento conoscevo un solo dipinto, una grande veduta campestre scoperta lo scorso autunno presso lo Städel Museum di Francoforte. Entrando nel Petit Palais non avevo pertanto che una vaga idea di che cosa vi avrei trovato : certamente un posto caldo dove proteggermi dal freddo dell’inverno parigino, e magari, con mia grande speranza, anche l’ispirazione per un articolo da scrivere sul blog.
Nelle sale del museo, tuttavia, aggirandomi a passo lento tra i piccoli e grandi quadri di Khnopff, mi rendevo conto che la sensazione che credevo di aver lasciato fuori, per strada, continuava in realtà ad accompagnarmi anche all’interno dell’esposizione. Ma di che cosa si trattava ? Una sensazione fredda, ecco, il freddo, si trattava proprio del freddo ; ma a differenza di quello che stava sul lungo Senna, all’uscita della metropolitana, nelle vie di Parigi, questo era un freddo meno epidermico, un freddo più intimo, il freddo sprigionato dalla misteriosissima pittura di Fernand Khnopff. Perché i lavori dell’artista belga presentano questa straordinaria capacità : creano un impalpabile, algido turbamento che va dritto al cuore, e che lì, nel cuore, può rimanere rintanato anche diversi giorni prima di affievolirsi del tutto.

Fernand Khnopff
1885. Olio su tela
Originario di una famiglia benestante del Belgio fiammingo, Khnopff dimostra fin da piccolo un carattere insolito per l’ambiente in cui cresce : è il bambino che ama correre, perdersi e continuamente ritrovarsi nei vicoli oscuri della cittadina gotica di Bruges, l’adolescente che trepida leggendo le inquietanti poesie di Baudelaire e Leconte de Lisle, il ragazzo introverso che parla poco e osserva molto. A diciotto anni, pertanto, rompendo la tradizione famigliare decide di abbandonare gli studi di diritto per integrare l’accademia di belle arti di Bruxelles. Vuole dipingere, diventare un artista, il giovane Fernand, e il vivace clima culturale della capitale belga gioca a suo favore.

Fernand Khnopff
1889. Olio su tela
Nella Bruxelles di fine diciannovesimo secolo entra in contatto con alcuni membri del circolo letterario della Jeune Belgique, e in particolar modo con il poeta Émile Verhaeren, il quale negli anni a venire gli dedicherà persino dei saggi critici, ma è durante i frequenti viaggi a Parigi e Londra, scoprendo la pittura d’Ingres, Delacroix e soprattutto dei preraffaelliti inglesi Edward Burne-Jones e Dante Gabriel Rossetti, che si forma a un certo gusto malinconico e decadente tipico della sua epoca ; un gusto, pensate, nato quasi come una reazione al pensiero razionalista veicolato dalla filosofia positivista di fine ‘800.
Negli anni in cui i progressi tecnologici, grazie all’invenzione della fotografia, permettono ormai di riprodurre il reale nella maniera più fedele possibile, un’inedita corrente artistica cerca di opporre al crudo naturalismo che si sta diffondendo anche in pittura uno stile immaginativo e sognante, religioso ma non necessariamente cristiano : quello che prenderà il nome di simbolismo. Senza riconoscersi in una vera e propria scuola, i simbolisti condividono valori e criteri estetici, e soprattutto credono nell’arte quale mezzo per rendere visibili contenuti che normalmente sfuggono all’umana percezione. Dove non arriva l’occhio, dove non arriva l’obiettivo fotografico, è in grado di arrivare solamente la sensibilità dell’artista.

Fernand Khnopff
1891. Olio su tela
I primi lavori di Fernand Khnopff sono allora delle rivisitazioni profondamente personali delle vedute di Fosset, un paesino nelle Ardenne orientali dove il pittore passa abitualmente l’estate in famiglia. I campi, gli alberi, i sentieri, le acque del canale, le rare abitazioni e le nuvole in cielo che l’artista ritrae su tela non vogliono essere una pura trascrizione della realtà. Khnopff investe ciò che dipinge di emozioni e significati nascosti, la natura riprodotta con colori e pennelli diviene la proiezione degli stati d’animo dell’artista stesso – e a ben osservarli, questi paesaggi a tinte fosche, non deve proprio trattarsi di stati d’animo allegri e spensierati.

Fernand Khnopff
1887. Olio su tela
Il genere pittorico che fa la fortuna di Fernand Khnopff è però il ritratto, ossia la rappresentazione dell’essere umano. Dai primi dipinti raffiguranti i suoi famigliari in scorci d’intimità, Khnopff diviene man mano il cantore inquieto e trasognato dell’alta società belga a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo. Niente mondanità, tuttavia, niente frivolezze nei suoi austeri dipinti : invece che ritrarre i personaggi più in vista, celebrità della cultura o della politica colti in momenti felici, l’artista prende spesso come modelli i figli dei notabili che frequentano la sua famiglia. Solitamente rappresentati da soli e in atteggiamenti composti, questi bambini sono la triste risposta a chi vede nell’infanzia l’età più dolce e serena : paiono infatti dei piccoli, seriosi adulti, i figli del Signor Nève ritratti in un quadro del 1893.
Ma il soggetto preferito delle sue opere, quello che gli osservatori più indelicati chiamerebbero il suo feticcio, è la sorella Marguerite. Donna dalla silhouette slanciata e i tratti vagamente androgini, Marguerite è per l’artista il motivo di una vera ossessione creatrice : di lei, infatti, Fernand Khnopff realizza oltre quaranta scatti fotografici che servono da spunto per innumerevoli dipinti e disegni. Della sorella, ci mancherebbe, non si può restituire un’immagine sensuale o provocante, il pittore erige pertanto Marguerite a modello di donna ideale, creatura purissima, bellezza verginale. Oltre a dedicarle il famoso ritratto in abito bianco del 1887, Khnopff ne utilizza il viso, il corpo, la pelle diafana e lo sguardo imperturbabile quali elementi che ritornano costanti nella sua variegata produzione artistica. Sono di Marguerite, infatti, i lineamenti de La maschera della tenda nera, come anche quelli della sfinge nell’enigmatico dipinto Le carezze.

Fernand Khnopff
1904. Matita e pastello su carta
Talento ormai riconosciuto e riverito, Fernand Khnopff sembra non accontentarsi più del mondo che lo circonda, fatto di appartamenti signorili o dame che paiono di porcellana, tant’è vero che nei suoi dipinti della maturità si assiste a un allontanamento sempre più marcato dal reale ; è ancora troppo presto per parlare di surrealismo, ma i lavori del pittore belga paiono anticipare alcune tematiche di questo successivo movimento artistico. Prima tra tutte, l’accostamento inatteso d’elementi eterogenei.

Fernand Khnopff
1892. Matita e pastello su carta
Non si tratta di mischiare il sacro col profano, badate, quanto di creare curiose contaminazioni partendo da fonti lontane tra loro. La mitologia antica studiata a scuola si combina quindi con fantasie personali, oppure con la letteratura esoterica allora diffusa tra le classi colte : i dipinti di Khnopff somigliano così a delle visioni, a dei sogni partoriti da suggestioni di varia natura. Non pare difatti un sogno, un’immagine suggerita dall’inconscio, il misteriosissimo quadro I Lock My Door Upon Myself ?
Uomo riservato e taciturno, portato all’introspezione piuttosto che alle chiacchiere da salotto, Fernand Khnopff partecipa nondimeno alla vita artistica della sua epoca ; è un intellettuale che prende posizione, s’immerge nel proprio tempo, trova un suo spazio nei grandi dibattiti culturali di fine diciannovesimo secolo. Nel 1883 aderisce al Gruppo dei XX, un collettivo di giovani artisti d’avanguardia per il quale concepisce anche la locandina, mentre nel 1892, su invito dell’amico scrittore Joséphin Péladan, espone al primo Salone della Rosacroce di Parigi. I suoi interessi svariati, inoltre, la letteratura, l’architettura, le arti decorative, lo portano a momentanee deviazioni dall’attività di pittore : nel corso della sua carriera Khnopff si dedica all’illustrazione di riviste e romanzi, e talvolta si cimenta altresì nella pratica della scultura. Nel 1902, poi, anno del suo matrimonio, collabora addirittura alla progettazione del Temple du Moi, uno stravagante edificio al limitare del Bois de la Cambre, a Bruxelles, che utilizzerà lui stesso come dimora e atelier. E dire che se fosse vissuto nella nostra epoca, probabilmente questo dandy solitario sarebbe passato del tutto inosservato.
Khnoppf pittore algido ed elegantissimo, non sarebbe nemmeno oggi passato inosservato ma piacerebbe anche oggi a coloro che amano l’estetica intellettuale del gelido contemplare avulsi da passioni quali sindrome di Stendhal…