E anche stavolta ce l’ha fatta, alla mia amica Eva Colombo è riuscito l’impasto. Dopo il curioso abbinamento di pittura simbolista e cultura hippy dello scorso dicembre, oggi è il turno di un accostamento ancora più audace : Giovanni Battista Piazzetta, sofisticato artista italiano del diciottesimo secolo, viene messo in relazione a degli idoli della musica rock, gli americanissimi Aerosmith. Giuro che nemmeno io sarei arrivato a tanto, ma dopotutto, come dice il titolo stesso del racconto, per avere le idee migliori bisogna restare con i piedi per terra e la testa per aria.
Eva Colombo, Con i piedi per terra e la testa per aria
Dire che qualcosa è soltanto una fantasia significa voler privare quel qualcosa di concretezza, di realtà come se quel qualcosa fosse fatto d’aria…cioè di niente, nel linguaggio corrente. Ma provate a restare senza aria…per davvero. No, l’aria esiste, eccome. È reale, eccome. Non potete vivere senza aria. Quando si dice che qualcuno ha la testa per aria si vuol dire che quel qualcuno è un inconcludente, uno che non è in grado di combinare niente di reale, di concreto. Molto meglio restare con i piedi per terra: pragmatismo, realismo, concretezza. Va bene, d’accordo…Ma perché, dico io, oltre ai piedi per terra anche la testa…per terra? Non sarebbe meglio concederle di restare per aria? Piedi per terra e testa per terra: dovremmo tutti, sempre, strisciare per terra come vermi? Non mi pare dignitoso, sinceramente.

Giovanni Battista Piazzetta
1740
Avere la testa per aria, avere la testa tra le nuvole non significa necessariamente essere in contrasto con la salubre concretezza della terra. L’aria rende possibile la vita sulla Terra, le nuvole fecondano la Terra tenendosi sempre ben strette a lei…avete mai visto le nuvole abbandonare la Terra ed andare a zonzo per il cosmo? No…la terra e l’aria si tengono strette l’una all’altra e creano la vita. Se realtà e fantasia non s’insteriliscono a vicenda in un innaturale conflitto ma si stringono l’una all’altra in un caloroso abbraccio creano la vita: la vita dell’arte, la vita dell’anima. Cammino calpestando la terra nera e fredda della pianura veneta in gennaio, la luce del tramonto tinge di rosa le nuvole all’orizzonte. Quelle nuvole rosa sembrano voler abbracciare la terra per riscaldarla…Sì, sto guardando le nuvole. No, non sto aspettando nessuno. Sì, ho da fare ma ora mi sono fermata per guardare le nuvole…Vi sembra tanto strano, tanto…folle? Amo disperatamente questa terra nera e fredda, la mia terra: l’entroterra veneziano, la pianura veneta. Ma perché devo sempre giustificarmi, sempre spiegare? Se mi fermo per guardare le nuvole rosa che abbracciano la terra per riscaldarla non significa che io non senta la fredda concretezza del suolo sotto i miei piedi. Amo questa terra ma non mi sento a casa qui…Non è casa mia un posto dove chi ha la testa tra le nuvole è considerato un individuo fatto d’aria, cioè di niente. Non è casa mia un posto dove ciò che non è facilmente etichettabile è considerato fatto d’aria, cioè di niente.
Le nuvole, la fantasia, l’aria non sono niente…Sono reali, sono concrete: sono loro a tenermi in vita almeno quanto il mio sangue, sono loro a consentirmi di resistere qui in piedi davanti a voi. Volevo scaldarmi al rosa di quelle nuvole invece sono costretta a parlare con voi che mi domandate per l’ennesima volta che ci faccio qui al tramonto da sola. Tranquilli: non sto pianificando né una rapina né un suicidio. Sto solo guardando le nuvole e vorrei poterlo fare stando zitta…invece mi tocca parlare con voi, mi tocca giustificare e spiegare… Tanto lo so che anche questa volta sarà inutile. Verba volant, anche le mie parole sono fatte d’aria: cioè di niente, secondo voi.
It ain’t easy, livin’ like a gypsy / Tell ya, honey, how I feel / I’ve been dreaming / Floatin’ down stream and / Losin’ touch with all that is real / Whole earth lover, keepin’ under cover / Never knowin’ where ya been / You’ve been fadin’, always out paradin’ / Keepin’ touch with Mama Kin

Ho la sensazione che colei che è stata battezzata Mama Kin dagli Aerosmith nell’entroterra veneziano abbia le fattezze dell’Indovina ritratta da Giovanni Battista Piazzetta nel 1740: avete presente quel bellissimo ed enigmatico quadro esposto alle Gallerie dell’Accademia, a Venezia? Ho la sensazione che anche in questo momento i suoi piedi nudi stiano scaldando la terra nera e fredda della pianura veneta. Sì, dev’essere qui intorno da qualche parte. Sì, ora mi sta sorridendo…ne sono certa. Senza il calore del suo sorriso sarei già morta assiderata. È il sorriso di chi sa e non deve spiegare, non deve giustificare…Lei mi guarda e mi sorride: anche se ho la testa tra le nuvole e dicono che sono fatta d’aria per lei esisto, per lei sono reale. Lei sa che l’aria esiste, lei sa che le nuvole sono reali. Lei che è così simile a quelle nuvole rosa che scaldano la terra, lei che non ha paura di appoggiare i piedi nudi sulla terra nera e fredda. Mi dice che anch’io non devo aver paura di tenere i piedi per terra, mi dice che devo amare la terra. Mi dice che posso fluttuare come una fantasia senza perdere il contatto con la realtà, come una nuvola che si tiene naturalmente stretta alla Terra. Mi dice che io posso avere la testa per aria senza dissolvermi, senza diventare invisibile agli occhi degli esseri umani. Sosta accanto a me, mi dice, e guardami. Ora sì che puoi sentire quanto sono reali il freddo della terra ed il calore del mio sorriso. Appoggiati al mio ginocchio: quanto è concreto il tuo peso, quanto è reale la mia forza! Noi esistiamo: siamo concrete e reali come le nuvole rosa al tramonto, come la fantasia che guida le mani dell’artista mentre plasma l’argilla della sua opera.
Keepin’ touch with Mama Kin / Tell her where you’ve gone and been / Livin’ out your fantasy
Mi dice: appoggiati a me, parlami. Io ti posso capire, noi due abbiamo lo stesso sangue: quel sangue che è rosso quando alimenta i nostri corpi e rosa come le nuvole che scaldano la terra quando alimenta le nostre anime. Non credere a chi ti dice che realtà e fantasia sono inconciliabili, a chi ti dice che non si può stare allo stesso tempo con i piedi per terra e la testa per aria. Guarda il cagnolino che tengo in braccio: il suo manto è bianco come le nuvole e nero come la terra. Guarda le galline che razzolano ai miei piedi: sono nere come la terra ed alate come le nuvole. Affonda pure la testa tra le nuvole della tua fantasia ma non dimenticare di tenere i piedi ben aderenti alle orme che io imprimo sulla terra. Alzati adesso, devi proseguire il tuo cammino. Non aver paura: quando guarderai le nuvole rosa al tramonto sentirai il calore del mio sorriso.
A proposito del “curioso abbinamento di pittura simbolista e cultura hippy” vi garantisco che non si tratta del frutto della mia ardita stravaganza. Basta dare un’occhiata al poster per i concerti che il gruppo musicale icona della cultura hippy Jefferson Airplane ha tenuto il 22 e 23 luglio del 1966 in quel tempio della cultura hippy che era l’Avalon Ballroom di San Francisco: cita esplicitamente il Peccato di Franz Von Stuck…