Mi riviene in mente l’estate di qualche anno fa, quando mi trovavo in vacanza al mare nella minuscola isola di Capraia. Un luogo, questo pezzo di roccia riaffiorante dalle acque del Mediterraneo, che i miei genitori avevano eletto quale nostro piccolo rifugio temporaneo dalla frenesia della grande città : una settimana distanti dalle automobili, dalla fibra ottica, dai vicini di condominio, dalle cartacce per strada e dai battibecchi che infestavano i dibattiti televisivi di allora (era il 2004 ma penso che la situazione sia poco cambiata).
Oltre al costume da bagno e agli abiti leggeri, per questa breve evasione dal quotidiano avevo deciso di prendere con me un paio di libri, qualcosa da leggere nel primo pomeriggio dopo pranzo o la sera appena prima di caracollare esausto sul letto. Al tempo, ricordo, i miei gusti letterari erano orientati verso gli scrittori francesi del diciannovesimo secolo, non stupisce pertanto che il Papà Goriot di Honoré de Balzac mi avesse seguito fino a Capraia.
Come lettura collaterale, invece, quella a cui dedicare i momenti davvero più distratti, avevo scelto un libro piuttosto insolito, appartenente a un genere che noi puristi delle belle lettere abbiamo sempre considerato con sufficienza : Una ballata del mare salato, l’album a fumetti di Hugo Pratt in cui compare per la prima volta il personaggio di Corto Maltese. Questo “romanzo grafico”, come lo chiamano gli esperti fumettari, m’incuriosiva soprattutto per il titolo dai toni quasi elegiaci, evocanti il celebre poema di Samuel Coleridge letto pochi anni prima al liceo, oltre che per l’ovvia attinenza con il posto in cui avrei passato quei giorni : per una vacanza al mare, pensavo, non avrei fatto torto alla mia integrità intellettuale se avessi accompagnato l’amatissimo Balzac con una storia piratesca.
Questo insolito impasto letterario, tuttavia, non diede i risultati sperati, tant’è vero che già a metà vacanza avevo abbandonato Corto Maltese e la sua ciurma per concedermi completamente allo scrittore francese. Mi capita molto raramente d’interrompere una lettura prima di averla terminata, e in quel caso penso che ciò non sia dipeso da noia o disinteresse provocatomi dai fumetti di Pratt. Mi piacevano, Corto Maltese, Rasputin, Slutter, il Monaco e gli altri personaggi dell’avventura tropicale, ma la mia capacità di concentrazione, a quell’età, non riusciva a sostenere più di una lettura alla volta.
Solo con il tempo ho imparato a tenere il piede in due scarpe.
Il desiderio di riprendere in mano l’album a fumetti ingiustamente trascurato mi è venuto di recente, la domenica di poche settimane fa, quando ho visitato la mostra che il Museo des Confluences di Lione dedica in questo periodo all’autore italiano. Hugo Pratt, Linee di Orizzonti – così s’intitola l’esposizione – raccoglie più di 130 tavole e acquarelli del celebre fumettista, ma anche diversi pezzi della collezione museale (armi, vestiti, ornamenti, statue, utensili esotici…) per rivelare le fonti a cui attingeva l’immaginazione di Hugo Pratt nel concepimento del suo universo disegnato. Sì, perché i mari, i porti, le lande desolate o le città formicolanti di gente in cui si muovono i suoi variegati personaggi, dal marinaio gentiluomo mondialmente noto alle tantissime comparse che gli ruotano attorno, sono la rappresentazione del vissuto di Pratt stesso : un vissuto spesso colto in prima persona, data la natura cosmopolita del fumettista, ma anche un vissuto derivato dalla pura invenzione narrativa, quella che si vede nei film al cinema o si legge nei libri d’avventura.
Nato a Rimini nel 1927 da genitori veneziani d’ascendenza britannica, Hugo Pratt fece della propria esistenza un lungo itinerario geografico prima ancora che creativo. Cresciuto in Etiopia quando questa era sotto il dominio italiano, nel 1942 tornava con la madre a Venezia e prendeva parte alla seconda guerra mondiale, prima arruolandosi tra i combattenti della Repubblica Sociale Italiana poi schierandosi con le truppe alleate. Il suo, tuttavia, non era veramente l’animo del soldato ma quello del sognatore, al giovane Pratt piaceva raccontare storie ispirate alle letture della propria infanzia e adolescenza, ossia i romanzi d’autori britannici e americani come Robert Louis Stevenson, Rudyard Kipling, Hermann Melville o Jack London.
Finito il conflitto mondiale e trovatosi in cerca di lavoro, pertanto, Hugo Pratt decideva di abbinare la passione per il racconto, per la creazione narrativa, alla sua inclinazione naturale per il disegno, cosicché nel 1949 veniva assunto da un editore argentino di fumetti e andava a installarsi a Buenos Aires. Il suo ritorno in Europa, una decina di anni più tardi, era quello di un autore dalla notorietà crescente, diviso tra Londra, l’Italia e la Francia fino al 1984, quando s’installava definitivamente in Svizzera nei pressi di Losanna per trascorrere l’ultima parte della sua vita.
In quasi cinquant’anni di carriera, Hugo Pratt realizzò diversi volumi di fumetti, dipinse una grande raccolta di acquarelli ispirati alle sue storie disegnate e scrivesse anche qualche romanzo. Di tanto in tanto, pensate, comparve persino sul grande schermo in qualità di attore. La mostra che gli dedica il Museo des Confluences di Lione, visitabile fino al 24 marzo 2019, somiglia a ciò che in ambito letterario prende il nome di pastiche, vale a dire un’opera che combina elementi e stili eterogenei per fini di diversa natura, da quello celebrativo a quello addirittura parodico.
In questo caso, beninteso, l’intenzione è prima di tutto divulgativa – avvicinare il grande pubblico a uno dei maggiori fumettisti della storia – ma il linguaggio impiegato, la struttura dello spazio museale, la linearità frammentata del percorso espositivo sembrano voler immergere i visitatori nel mondo immaginifico creato dal fumettista italiano piuttosto che ripercorrere fedelmente la biografia di Hugo Pratt. Accanto a numerose tavole di fumetti e acquarelli si trova pertanto una miriade di elementi che servirono d’ispirazione diretta o indiretta all’autore riminese :
le strisce di Milton Caniff, leggendario fumettista americano inventore di Steve Canyon, la locandina e alcuni spezzoni animati de Il trono nero, vecchio film hollywoodiano il cui protagonista interpretato da Burt Lancaster servirà da modello al nostro Corto Maltese, e diversi pannelli con citazioni di maestri della letteratura moderna.
Disseminati qua e là, inoltre, i curatori dell’esposizione hanno collocato manufatti d’interesse etnografico, oggetti di varia provenienza che rimandano alle terre lontane in cui sono ambientate le narrazioni di Pratt. Tra maschere tribali, piroghe in miniatura, vasi precolombiani, arpioni eschimesi e massicce teste di pietra, ad attirare la mia attenzione era un imponente scafandro da palombaro, di quelli usati dai sommozzatori per perlustrare i fondali marini. Non so se nel corso delle sue mille peripezie Corto Maltese abbia mai utilizzato una tale attrezzatura, ma messo così, accanto alla riproduzione gigante di una frase di Hermann Hesse e una striscia a fumetti di Hugo Pratt, l’antico cimelio faceva davvero la sua bella figura. Quasi da ricordarmi un’opera d’arte contemporanea, o forse quelle misteriose linee di orizzonti cui fa riferimento il titolo della mostra …
A proposito di Hugo Pratt e del suo “mondo immaginifico” permettimi di citare la meravigliosa “Favola di Venezia”…una favolosa Venezia notturna dove un pestaggio ai danni di Corto Maltese viene sventato dalla salvifica apparizione di un Gabriele d’Annunzio ( l’ “Immaginifico”! ) angelicamente di bianco vestito ma sprigionante bagliori sinistri dall’occhio di vetro…
Devo leggerlo, devo leggere Corto Maltese. Stavolta evitando di abbandonare la lettura a metà 🙂
Rieccomi! Anch’io ho condiviso i ricordi delle mie vacanze estive più belle nel mio ultimo post… spero che ti piaccia! 🙂
Grazie Wwayne !
Grazie a te per la risposta! 🙂