Sono ormai alcune settimane che qui in Francia l’attenzione pubblica è rivolta allo sciopero degli cheminots, ossia i dipendenti della società nazionale dei trasporti ferroviari. Dannati ferrovieri ! Causa il loro attaccamento alla condizione privilegiata di cui godono in quanto dipendenti statali, messa a repentaglio da una bieca riforma proposta dal governo Macron, negli ultimi tempi si sono registrati gravi ritardi nella circolazione dei treni.
Questo, è facile immaginarlo, ha procurato un acuto nervosismo nella grande popolazione di lavoratori pendolari, soprattutto quelli gravitanti attorno alla capitale, oltre che importanti ripercussioni sull’approvvigionamento merci e sul traffico automobilistico nei maggiori centri urbani. Da parte mia fatico a farmi un’opinione sulla scomoda situazione, se simpatizzare con le rivendicazioni degli scioperanti o propendere per l’intransigenza del governo : tra le due alternative, preferisco compatire i poveri pendolari costretti ad ammassarsi nei rari treni di passaggio.
Stavolta, forse ne avete già avuto sentore, sto tentando di prenderla alla larga, iniziare il discorso da lontano. Per parlare di un quadro che ho scoperto alla Hugh Lane Gallery di Dublino, durante il mio breve viaggio in Irlanda lo scorso autunno, sono andato a scomodare questioni di politica economica : come se i Portuali dipinti dall’artista irlandese Maurice MacGonigal nel 1934 avessero a che fare con ciò che sta succedendo oggi, in Francia, sulla rete ferroviaria nazionale. A me piace volare, lo so, fare quelli che in linguaggio colto si chiamano voli pindarici, saltare da un argomento all’altro poco badando alla coerenza logica. In questo, d’altronde, consiste il bello di poter scrivere senza dover rendere conto a nessuno : tenere un blog, credetemi, e nella fattispecie un blog d’arte, regala un senso di libertà che non vi immaginate neppure.

Maurice MacGonigal
1934. Olio su tela
Eravamo comunque arrivati ai portuali, o meglio, agli scaricatori di porto, espressione forse poco elegante ma sicuramente più adeguata a tradurre in italiano l’inglese Dockers, titolo originale del quadro. Non era un artista particolarmente famoso per le opere a carattere sociale, a far la fortuna di Maurice MacGonigal erano stati piuttosto i paesaggi della costa irlandese occidentale, ma in alcuni dipinti di questo dublinese dalla giovinezza turbolenta, attivista dell’IRA passato per le carceri britanniche prima che nelle aule dell’accademia di belle arti, si ravvisa chiaramente la sua spiccata sensibilità per tematiche quali il lavoro o le fragili condizioni economiche delle classi popolari urbane.
Il quadro Portuali tratta infatti di lavoro, della difficoltà di trovare una situazione lavorativa stabile nell’Irlanda degli anni ’30. Parlare di precariato suonerebbe anacronistico, ma in fondo sempre di questo si trattava : da un potente sfondo rosso, ricavato dalla fiancata metallica di un bastimento oceanico, emergono tre imponenti figure umane, l’una di profilo, l’altra frontale e la terza di spalle rispetto al punto di osservazione. Sono degli operai portuali colti in uno dei momenti più delicati della loro giornata, quello in cui assistono alla lettura dei nomi delle persone reclutate per lavorare il giorno stesso. Le cose per gli operai meno qualificati andavano così, ci si presentava al porto di primissimo mattino, ci si metteva in lista e s’incrociavano le dita nella speranza di risultare tra quelli che avrebbero prestato le proprie braccia alle faticose operazioni di movimentazione merci tra navi e terraferma. Era dura, guadagnarsi la pagnotta nella Dublino di cent’anni fa.
Malgrado lo stile verista con cui sono raffigurati i volti e i vestiti dei personaggi, il dipinto di MacGonigal non veniva realizzato dal vivo, nei luoghi stessi in cui era ambientato, ma all’interno dello studio del pittore. Gli uomini ritratti, veri operai portuali, erano stati presentati all’artista dall’amico James Larkin, militante socialista profondamente impegnato nella lotta sindacale dell’epoca. Una ricostruzione, quella operata da Maurice MacGonigal, una messa in scena tradita dalla posa troppo statica dei tre lavoratori dipinti : ma dopotutto che importa ? In nome dell’ideale socialista, si è disposti a fare importanti concessioni. Prima tra tutte, in arte, la concessione al principio di realismo.
” A me piace volare, lo so, fare quelli che in linguaggio colto si chiamano voli pindarici”
Io lo definisco un pensiero creativo, divergente, ed è una gran dote
Complimenti per il post!
Veramente coinvolgente il quadro di MacGonigal
Un caro saluto
Adriana
Grazie, Adriana, un caro saluto a te !
P.S. Attendo di leggere il prossimo post del tuo blog 🙂