Sono ancora qui. Guardo l’orologio. Le 01:17. L’una e diciassette di notte. Troppo presto per parlare di primissimo mattino. E io sono ancora qui. Mi sta succedendo di nuovo : la stessa cosa di martedì scorso, e forse anche di quello prima, quando sono rimasto sveglio fin a tardi, troppo tardi, con tutte le conseguenze catastrofiche sulla produttività e l’umore dell’indomani. Me lo riprometto sempre, di non rimanere alla scrivania, davanti al computer, la sera dopo un giorno in ufficio. L’esposizione alla luce artificiale dei monitor prima di coricarmi : una frustata negli occhi che puntualmente mi somministro, quasi con la volontà di fare del male da me stesso.
Rimango così, di fronte allo schermo, imbambolato di fronte a quel foglio di testo : una pagina bianca, un documento vuoto, una voce muta, se non fosse per le poche parole che dopo la mezzanotte mi sono suggerite dalla stanchezza. Parole che rilette il giorno successivo, la mente sciacquata dai raggi diurni, mi provocano una leggera vergogna. Ma come ho potuto scrivere questa roba ?
Vai a dormire, mi dico, vai a dormire perché te ne pentirai : spegni la luce, coricati sul letto, rimbocca le coperte, chiudi gli occhi. Ah, un momento : e non dimenticarti di spegnere questo maledetto computer. Fosse facile, passare dalla luce al buio, dalla veglia al sonno, saltando quelle fasi intermedie che permettono ai pensieri di placarsi, di affievolirsi, e alla fine spegnersi del tutto. E invece, ripeto, sono ancora qui : seduto alla scrivania, la schiena leggermente inclinata in avanti, lo sguardo incollato allo schermo. Lo rileggo, rileggo il breve testo che ho scritto, o che forse è uscito automaticamente dal rapido ticchettio delle mie mani sulla tastiera. Tac, tac, tac, tac, tac, ratatatatac… e tac. Punto. Eccolo qui, il frutto della mia attività serale, lo svago che un venditore si concede nel dopolavoro : scrivere articoli su mostre, opere o artisti che sono riusciti a toccare la mia sensibilità, o dei quali voglio più semplicemente rendere partecipi voi lettori.

Antanas Žmuidzinavičius
1906. Olio su tela
Parlando di arte, e dirigendo quindi il discorso verso l’ambito specifico a questo blog, nelle situazioni come quella in cui mi trovo ora mi riviene spesso in mente il ricordo di un’opera vista ormai due anni fa alla Galleria Nazionale di Vilnius, in Lituania, un quadro del pittore Antanas Žmuidzinavičius raffigurante un uomo seduto a uno scrittoio e intento nella redazione di un manoscritto. Forse, mi sono a volte domandato, che la mia visione notturna non sia che un sogno ? Eppure la scena ritratta corrisponde a un episodio reale, documentato dai libri di Storia.
All’inizio del ventesimo secolo, il giovane artista lituano Žmuidzinavičius, da poco tornato a Vilnius da un soggiorno di studi a Parigi, dipingeva lo scrittore conterraneo Konstantinas Jasiukaitis impegnato in un’attività simbolicamente rivoluzionaria : fare della letteratura, fare dell’arte nei terrori corrispondenti all’attuale Lituania ma che all’epoca erano ancora inclusi nell’Impero Russo, equivaleva a un atto di rivolta indipendentista. Sotto lo zar di Russia il lituano era vietato sia parlarlo sia scriverlo, peggio ancora farci delle belle lettere. Solamente nel 1918, con la dichiarazione d’indipendenza e la creazione della repubblica lituana, alla cultura locale saranno attribuiti i dovuti meriti.
Quando ripenso al dipinto di Antanas Žmuidzinavičius, tuttavia, per me non è questione di Lituania, Russia o spartizioni territoriali. Tutta la notte – questo è il titolo del quadro – ha un valore universale che trascende il contesto storico in cui fu concepito, un valore alla portata di tutti : basta guardare con attenzione il dipinto per scorgere la sua terribile forza. In una stanza rischiarata solo parzialmente, grazie a una lampada che proietta la luce verso il basso, verso quei fogli e taccuini sparsi sulla scrivania, si trova un uomo che non bada al tempo che passa, fuori dalla finestra fa buio, evidentemente è calata la notte, ma lui continua la sua minuziosa opera d’ispirazione letteraria. Gli occhiali appoggiati sul naso, lo sguardo attento, e la penna che ricama eleganti caratteri corsivi. Quali saranno i suoi pensieri, le sue parole, gli inderogabili compiti che lo tengono sveglio fino al mattino ? Quanto lo invidio, quell’uomo, mosso dall’infaticabile volontà del fare.
Il personaggio mi fa pensare al protagonista de “Il cappotto” di Gogol’. La sua passione era scrivere, tracciare le parole su carta. Da lì prendeva tutto il piacere che l’esistenza potesse offrirgli.
Giocare (uso questo verbo nella sua accezione più pura, senza propositi denigratori) giocare a domandarsi i pensieri di un personaggio ritratto è una tentazione a cui difficilmente resisto. Mi succede sempre quando guardo un Vermeer, ad esempio. Ed effettivamente mi è successo anche col dipinto che ci hai fatto conoscere. Mi domando se non sia questo il vero “realismo”: rappresentare una presenza, far sì che dalla superficie dipinta emani il sentore di un’esistenza, tanto più vera perché confusa da un’ombra incombente. L’ombra che il lume non riuscirà mai a rischiarare.
Non avevo pensato al Cappotto di Gogol perché non l’ho letto, ma in compenso ho visto il bel film che ne ha tratto Lattuada con Renato Rascel. Mi fa piacere che il dipinto di Žmuidzinavičius (chi lo sa pronunciare correttamente è bravo) susciti pensieri e ricordi anche negli altri 🙂
probabilmente la notte è il tempo ottimale per scrivere senza interferenze esterne: cogliere nel silenzio profondo del giorno andato, la quintessenza di profondità oscure che la mente conduce per disparati percorsi mentali ed approfondimenti esistenziali. La notte, si dice, porta consiglio, ma la notte ricollega anche pensieri, sensazioni ed emozioni che il letterato coglie nella più nuda esposizione, esprimendoli in un caleodoscopico gioco di parole e di pensieri, arricchendoli con l’agevole musica del silenzio e la paradossale luce del buio. Tutto scorre nitido in un fluente fiume di interconessioni cerebrodescrittive. L’intimistico dipinto rappresentato ne coglie l’essenza e nulla può fermare lo scrittore dinanzi alla pace ed al raccoglimento delle ore notturne…
Osservazioni molto interessanti. A patto ovviamente che lo scrittore non si addormenti alla scrivania 🙂
Mi sono alleata all’insonnia molti anni fa: sconfiggerla era impossibile. Da allora passo gran parte della notte insieme alle parole che la mia amica Insonnia mi suggerisce. Da alcune notti interrogo una “Fanciulla nella luce, Fiamma nera” ritratta da Jan Konupek nel 1910 e prego la mia cara Insonnia affinché mi aiuti a captarne le risposte, affinché mi aiuti a riempire la pagina bianca con parole nere sprigionate da quella luce oscura. Poi la prego di concedermi un po’ di sonno…
Anche io ho il tuo stesso problema, Eva, che talvolta mi si ripresenta in fasi acute. Invece di faticare ad addormentarmi, a me capita di svegliarmi la mattina molto presto, quando fuori fa ancora buio. Sono tuttavia riuscito a volgere la situazione a mio favore, dedicando il tempo tolto al sonno ad altre attività : fare sport, leggere, e ovviamente scrivere questo blog 😉
“Vivere per creare”
Poi aggiungo la frase, il motto vivente di chi ho amato profondamente
” Sogniamo grandi sogni perché sappiamo di esistere”
Bellissimo scritto!
Ti ringrazio del complimento !