Frank O’Meara, l’impressionista malinconico

Il bello di viaggiare, dicono, consiste nella straordinaria possibilità di fare nuovi incontri : venire in contatto con persone che altrimenti, nello spazio delimitato dalla routine quotidiana, non avremmo assolutamente l’occasione di conoscere. Mi piace considerarlo un incontro, uno di quegli incontri brevi come misteri, la mia fuggevole scoperta del pittore irlandese Frank O’Meara presso la galleria Hugh Lane di Dublino.

Autoritratto
Autoritratto
Frank O’Meara
1884. Olio su tela

Poche parole, poche righe di commento, pochi sguardi ai suoi meravigliosi dipinti sono bastati per riconoscere in lui qualcuno che mi sembrava di frequentare già da molto tempo. Sarà stata l’emozione del momento, oppure una semplice questione di simpatia verso un artista dalla vita breve e sfortunata, ma i quadri di O’Meara avevano quasi un’aria a me familiare. Dove potevo averlo già visto ?

Per quanto si tratti di uno dei maggiori pittori irlandesi della sua epoca – questo ciò che ho letto – Frank O’Meara è pressoché sconosciuto in Italia, e nemmeno nel resto d’Europa gode di grande notorietà. La vicinanza che provavo verso l’artista, evidentemente, era più il frutto di una suggestione che il risultato di un lucido ragionamento : qui, d’altronde, sta il favoloso segreto dell’arte.

Pochi sguardi, scrivevo, ma anche pochi dipinti. Nella sua breve carriera, interrotta dalla morte prematura a soli trentacinque anni, O’Meara produsse una quantità limitata di opere : le tracce, queste, di un’esistenza dolorosamente intensa. Notizie sulla sua vita sono pervenute a noi posteri in forma frammentaria e incerta, tanto che su diversi punti sussistono tuttora dei dubbi. Non me ne vogliate, pertanto, se nel prosieguo dell’articolo darò segni d’esitazione.

Verso la Notte e l'Inverno
Verso la Notte e l’Inverno
Frank O’Meara
1885. Olio su tela

Certo è che Frank O’Meara nacque il 30 marzo 1853 a Carlow, cittadina irlandese a poco più di ottanta chilometri da Dublino, in una famiglia della media borghesia locale. Il padre, Thomas, svolgeva la professione di medico, mentre il nonno paterno, Barry Edward O’Meara, fu nientemeno che il medico curante di Napoleone Bonaparte durante il suo esilio sull’isola di Sant’Elena. Il giovane Frank, ultimo di sette figli, si vedeva a propria volta avviato al mestiere di famiglia, ma qualcosa dovette distoglierlo dal suo prevedibile destino. Vocazione, la chiamano : quell’irresistibile desiderio che spinge molti giovani a divenire artisti e pochi a farsi preti.

Non si sa se Frank O’Meara frequentò l’accademia d’arte di Dublino o prese semplicemente lezioni private di disegno e pittura, dei suoi primi lavori rimane solamente un taccuino con schizzi di paesaggi e studi di chiese e animali realizzati nella contea di Carlow. Malgrado l’origine benestante – non doveva mancargli il cibo nel piatto – per il giovane artista il passaggio dall’adolescenza all’età adulta fu poco vissuto nella spensieratezza : non ancora maggiorenne perse due sorelle, mentre sua madre morì quando lui aveva appena vent’anni. Probabile che questi tragici eventi, avvenuti in periodi ravvicinati, ne segnarono il carattere in maniera talmente profonda da rendere il giovane uomo incline a una perenne malinconia.

Ragazza con una conocchia
Ragazza con una conocchia
Frank O’Meara
1886. Olio su tela

Forse per fuggire la tristezza dovuta ai lutti familiari, nel 1873 Frank O’Meara lasciò la propria terra d’origine e si trasferì a Parigi, città che allora più che adesso attirava artisti da tutto il mondo, con l’obiettivo di studiare presso l’atelier del pittore francese Carolus-Duran in Boulevard Montparnasse. Bella, la vita parigina, ancora più bella quando si hanno vent’anni : malgrado il suo carattere riservato, il giovane irlandese non perse l’occasione di lasciarsi coinvolgere nella mondanità e socializzare con gli altri studenti che frequentavano le lezioni di Carolus-Duran. Tra questi, provenienti da Francia, Inghilterra e Stati Uniti, figurava anche il pittore americano John Singer Sargent, che realizzò uno dei pochissimi ritratti di Frank O’Meara attualmente conosciuti.

Il soggiorno di O’Meara nella Ville lumière tuttavia non durò più di due anni. Nel 1875, infatti, l’artista partì da Parigi e s’installò prima a Barbizon poi a Grez-sur-Loing, due località poco distanti dalla capitale francese ma già in aperta campagna. I veicoli, le strade, le folle di persone, gli edifici che bloccavano la visuale evidentemente non erano ciò che lui stava cercando quale modello per i suoi dipinti. Frank O’Meara veniva da una realtà rurale, le verdi colline d’Irlanda, e anche distante da casa, in una terra dove non si parlava la sua lingua, doveva sentirsi più a suo agio lontano dai trambusti metropolitani. A Grez-sur-Loing, quindi, il giovane irlandese ritrovava l’amenità agreste abbandonata nei luoghi natali, ma non per questo finiva con l’isolarsi dal mondo. Il tranquillo villaggio francese, all’epoca di cui stiamo parlando e fino agli albori del ventesimo secolo, accoglieva un’importante comunità di artisti e intellettuali stranieri, perlopiù anglosassoni e scandinavi, con i quali Frank O’Meara riuscì a stringere solide amicizie (si dice che a Grez conobbe persino il celebre scrittore scozzese Robert Louis Stevenson).

La vedova
La vedova
Frank O’Meara
1882. Olio su tela

Fu qui, in queste piccole colonie artistiche gravitanti attorno a Parigi, tra Fontainebleau, Barbizon e Grez-sur-Loing, che O’Meara trascorse gli anni più prolifici della sua carriera : undici anni di lavoro lento e meticoloso, intervallato solamente da brevi trasferte per partecipare a mostre in cui venivano esposte le sue opere. Dipingeva all’aria aperta, Frank O’Meara : entusiasmato dalla nascente corrente impressionista che predicava una pittura en plein air, una pittura d’esterni nata da un’impressione immediata e subitamente riprodotta su tela, anche lui abbandonava l’atelier per trovare nei campi, sulle rive dei fiumi, al limitare dei boschi i propri luoghi di creazione. A differenza però di molti esponenti di questo dirompente movimento artistico, che dalla Francia si diffonderà poi in diversi paesi occidentali, il giovane irlandese non ritraeva la natura per restituirne un’immagine esemplare, un’immagine talvolta edulcorata.

I suoi quadri, risultato di un’elaborazione scrupolosa e ordinata, mostravano paesaggi campestri colti nel momento del giorno in cui la luce diviene più debole, sul fare del tramonto, solitamente nel periodo dell’anno più malinconico, l’autunno. L’elemento umano, invece, isolato al centro dei dipinti, era il più delle volte un personaggio femminile. A Frank O’Meara piaceva la natura e piacevano le donne, impossibile negarlo, ma nelle rappresentazioni che a loro dedicava non c’era alcun intento celebrativo o estetizzante : il suo lavoro d’artista era piuttosto una delicata indagine sul sentimento umano. Un gesto, una posa, uno sguardo diventavano pertanto un tutt’uno con l’ambiente crepuscolare in cui il personaggio dipinto era immerso, così da offrire una messinscena simbolica e al tempo stesso reale di uno specifico umore.

Sulle Banchine, Etaples
Sulle Banchine, Etaples
Frank O’Meara
1888. Carboncino o matita su tela

Emblematico a questo proposito è La vedova, forse il suo quadro che preferisco, ovvero il ritratto di una giovane donna abbigliata a lutto e con lo sguardo rivolto in basso, verso quell’immobile corso d’acqua che pare congelare lo stato delle cose. Macabra ironia, la modella per questo e altri dipinti di O’Meara era Mary Isabelle Bowes, conosciuta anche con il soprannome di “Belle”, donna con cui l’artista ebbe una lunga relazione sentimentale fino all’anno della propria morte : il ruolo della giovane vedova, purtroppo, fu da lei interpretato anche nella vita reale.

Gli anni trascorsi in Francia, per quanto ricchi di esperienze e produttivi dal punto di vista artistico, furono comunque vissuti da Frank O’Meara in maniera difficoltosa. Il mestiere di pittore, a lui come a suoi diversi colleghi, bastava a stento alla sopravvivenza economica, mentre una salute precaria, indebolita dalla malaria, lo costrinse nella primavera del 1888 a fare ritorno nella nativa Carlow, dove morì il 15 ottobre dello stesso anno appena trentacinquenne. Alla scomparsa dell’artista, l’eredità di Frank O’Meara contava un numero esiguo di quadri, caduti rapidamente nell’oblio fino alla loro riscoperta sul finire del ventesimo secolo, quando messi all’asta raggiunsero quotazioni inaspettatamente elevate. A me, ripeto, questo pittore sembra di averlo già visto da qualche parte. Forse, guardando il suo autoritratto, devo aver riconosciuto il viso di un vecchio attore cinematografico, oppure quello di un viandante malinconico incrociato su una strada di campagna.

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4 risposte a "Frank O’Meara, l’impressionista malinconico"

  1. quando in un dipinto si riconosce l’emozione di qualcosa dejà vu scaturisce il miracolo della metamorfosi del nostro ego traslato attraverso immagini familiari che scatenano recondite emozioni: melanconica bellezza, solitudine dell’anima, appagamento di visioni che riconducono al nostro pensiero più intimo e profondo. Grossolanamente potremo identificare le sue opere agli impressionisti francesi, ma il nostro era irlandese e ,forse per quanto influenzato dalle correnti parigine resta pittore di luci d’Irlanda molto particolari e naturalistiche…

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