Shozo Shimamoto, dal Giappone con furore

Forse non tutti sanno che in Corso Monforte 23, a Milano, nello spazio una volta occupato dallo Studio del pittore Lucio Fontana, oggi si trova lo Studio Giangaleazzo Visconti. Una piccola galleria che ospita periodicamente delle mostre di arte contemporanea dedicate ad artisti giovani e meno giovani, vivi o passati a miglior vita, italiani o stranieri. In questo periodo, dal 12 settembre 2013 al 31 gennaio 2014, è in corso un’esposizione in memoria dell’artista giapponese Shozo Shimamoto, scomparso appena nove mesi fa. shozo-shimamotoNon conoscete Shozo Shimamoto ? Ecco allora un’ottima occasione per scoprirlo. Nato nel 1928 a Osaka, membro fondatore del movimento d’avanguardia Gutai negli anni ’50 e autore di opere esposte in musei e gallerie di tutto il mondo, Shimamoto è stato uno dei più importanti pittori nipponici contemporanei, capace di rinnovare la tradizione artistica giapponese con spirito dissacratorio e anticipare anche alcune tendenze dominanti la scena artistica internazionale. Dal Giappone con furore, insomma, tanto da venir considerato addirittura come uno dei quattro massimi maestri del secondo dopoguerra accanto a Jackson Pollock, John Cage e il nostro Lucio Fontana. La mostra attualmente presente allo Studio Giangaleazzo Visconti è un piccolo, intenso assaggio della ricca produzione di Shimamoto. Si contano trenta opere in tre grandi saloni, l’ingresso è gratuito e il catalogo in omaggio, pertanto se siete dalle parti di Corso Monforte a Milano e avete un’oretta libera non ci sono scuse per non andarci.

Hole Showa 21
Hole Showa 21
Shozo Shimamoto
1946. Acrilico su carta

Le opere sono esposte in ordine cronologico, si va dagli anni ’40 fino ai tempi più recenti. Il quadro in cui ci si imbatte appena varcato l’ingresso, Hole Showa 21, appartiene a una serie che il maestro giapponese realizzò giovanissimo, tra il 1946 e il 1947. Gli Ana, ridenominati poi in inglese Holes (Buchi), sono delle tele al cui centro c’è un vero e proprio foro, una crepa provocata sovrapponendo diversi strati di carta bagnata e lasciata seccare a contatto con il colore. La materia si viene così a logorare non a causa di un’azione drastica e diretta come potrebbe essere, che so, un taglio (visto che ci troviamo a casa di Lucio Fontana) o una combustione, ma a seguito di un graduale processo di deterioramento indotto. L’artista lascia quasi che sia l’opera a cre(p)arsi da se. E al posto della materia cosa resta ? Lo spazio, il vuoto nel pieno, il nero nel bianco, l’infinito nel finito : Hole, il buco con la tela intorno.

Red A on White
Red A on White
Shozo Shimamoto
1976. Olio su tela

Nella seconda sala non si può non essere subito catturati dal grande Red A on white, un quadro di 184×140,7 cm rappresentante un impressionante calligramma rosso svettante su un fondo bianco. Gli stessi colori del sol levante. Traducendo il titolo in italiano si dovrebbe dedurre che si tratta di una A : sapendone poco, ma davvero poco della scrittura e della lingua giapponesi, lungi da me qualsiasi strampalata interpretazione in chiave folcloristica-occidentaleggiante. Red A on white di Shuzo Shimamoto è bello, è potente, e mi piacerebbe molto averne un poster da attaccare in camera.

Please walk on Here
Please walk on Here
Shozo Shimamoto
1956-2008. Legno, molle e chiodi

Al centro della seconda stanza della mostra si trovano poi due oggetti apparentemente fuori luogo, due pedane in legno di colore rosso e nero. Anche se una targhetta avvisa il pubblico che è vietato toccarla, Please walk on Here (trad. Per favore camminate sopra qui) è un’opera che già dal titolo invita a essere fruita tattilmente, o per meglio dire calpestata. L’erba non si calpesta, l’arte sì. Di quest’opera esistono due versioni, una del 1956 e l’altra del 2008, entrambe presenti alla mostra, e dietro il loro aspetto asettico si cela in realtà un concetto molto poetico. Le pedane, infatti, a dispetto del rassicurante invito a camminarci sopra, sono fabbricate in modo da destabilizzare il malcapitato fruitore dell’opera. Insomma, chi ci sale rischia di inciampare. Cos’è, uno scherzo che l’artista vuole fare al pubblico più facilone ? Forse, ma prima di tutto Please walk on Here è il veicolo di un interessante messaggio che Shimamoto intende trasmettere in maniera sperimentale, ossia lasciando che sia il pubblico a sperimentarlo lui stesso. L’arte, a differenza della vita ordinaria in cui si deve procedere con estrema cautela per pericolo di cadere, è un cammino che si percorre a passo costantemente instabile, una via tortuosa in cui l’inciampo è un rischio sempre presente. L’artista è pertanto colui che trasforma questo incedere traballante in un movimento aggraziato, un gesto inatteso, una danza.

Capri - Certosa 4
Capri – Certosa 4
Shozo Shimamoto
2008. Acrilico su tela

Nella terza stanza dell’esposizione sono invece presenti opere più recenti, risalenti agli ultimi anni di vita dell’artista. Chissà per quale ragione, la vecchiaia ha portato Shozo Shimamoto a concepire alcuni dei quadri più vitali della sua carriera, nonché a realizzare diverse performances anche in Italia (una delle quali è documentata in un video presente nella sala). Appena sopra potete vedere Capri-Certosa 4, una grande tela 190×230 cm che è un tripudio vibrante di colori. Non c’è rappresentazione, il quadro non imita o tenta di rappresentare un soggetto predefinito. Mille anni luce dall’arte figurativa. La materia e i colori per l’artista sono indissociabili, è impensabile contenere l’energia cromatica in forme prestabilite. Non vi fa venire in mente qualcosa ? Sì, impossibile non pensare all’action painting di Jackson Pollock. Signore e signori, questa è pura arte contemporanea.

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