“Io non ho fatto del male a nessuno!” rivaleggia con “Non sono stato io!” nella corsa al titolo di “Frase universalmente più amata dai galeotti”. “Io non ho fatto del male a nessuno!” è infatti un’espressione particolarmente amata da evasori fiscali, spacciatori, contrabbandieri, ricattatori, pirati informatici, ladri di polli e anche da una piccola cerchia di criminali un po’ snob. I falsari. Non stupisce pertanto se l’autore della più grande truffa nel mondo dell’arte degli ultimi 50 anni si sia giustificato dicendo che lui, in realtà, non ha fatto del male a nessuno. Di chi stiamo parlando ? Di Wolfgang Fischer, meglio conosciuto come Wolfgang Beltracchi (un falsario ha per forza un nome falso, meglio ancora se italiano).
Ebbene, questo affascinante signore tedesco dall’aspetto dell’hippie stagionato è stato condannato nell’autunno 2011 dal tribunale di Colonia a 6 anni di carcere per aver commercializzato 14 falsi, di cui ha confessato essere anche l’autore. Un imbroglio da 30 milioni di euro. Bruscolini. Pensate che la sua ammissione di colpevolezza, oltre ad avergli permesso di ottenere la clemenza del giudice, gli ha anche risparmiato di dover esumare tutti gli altri falsi da lui realizzati. E non si tratta di 2 o 3 acquarelli scarabocchiati nel garage di casa, ma di un centinaio di quadri fatti passare per opere autentiche di alcune delle maggiori eminenze artistiche del ‘900. Volete qualche nome ? André Derain, Fernand Léger, Max Ernst, Kees Van Dongen… Ora sarete curiosi di sapere in che modo questo genio dell’inganno è riuscito ad architettare il suo piano diabolico. L’arte, anche quella della copia, è tutta questione di talento, e il nostro Wolfgang Beltracchi fin dalla giovane età dimostra un’innata predisposizione per la riproduzione di opere altrui.

attribuito a Campendonk
Nato nel 1951 in un villaggio della Germania centro-occidentale, Beltracchi è figlio di un pittore specializzato nel restauro di chiese antiche che arrotonda lo stipendio realizzando semplici riproduzioni di Picasso e Rembrandts. Spiando il lavoro di papà, il giovane Wolfgang si diverte a fare delle copie dei grandi artisti, tanto che a soli 14 anni stupisce i genitori realizzando in poche ore una eccellente imitazione di Madre e figlio di Picasso. La scuola d’arte tuttavia non fa per lui.
E’ la fine degli anni ’60, l’esplosione dell’era hippie, e Beltracchi ha voglia di respirare l’aria dell’epoca a pieni polmoni. Capelli lunghi, quintali di hashish e il forte desiderio di viaggiare : l’LSD è in grado di portarlo dove la sua Harley Davidson non riesce ad arrivare. Paura e delirio in giro per l’Europa, tra gli anni ’70 e i primi anni ’80 vive in una comunità in Spagna, campeggia per un anno e mezzo su una spiaggia marocchina, monta uno spettacolo psichedelico in un night di Amsterdam e inizia una modesta carriera di pittore.
Alla fine degli ’80 crolla il muro di Berlino, il rock’n’roll è passato di moda e il ragazzone tedesco si rende conto di essere diventato un adulto. La ricreazione è finita, basta con le marachelle. E’ il momento di iniziare a far soldi. Possibilmente tanti soldi. Con la complicità della moglie Helen, della di lei sorella Jeanette S. e dell’amico Otto Schulte-Kellinghaus, Wolfgang Beltracchi getta le basi della sua grande truffa.
Sfogliando qua e là libri d’arte e album di vecchie collezioni, un giorno gli capitano tra le mani i cataloghi delle mostre di un ricco mercante e collezionista ebreo un tempo residente a Berlino, Alfred Flechtheim (1878-1937). Costretto a lasciare la Germania nel 1933, pochi mesi dopo l’ascesa al potere di Hitler, Flechtheim aveva visto la propria collezione di arte moderna requisita per essere venduta o confiscata dalla Gestapo. Nei cataloghi delle mostre del collezionista ebreo, Wolfgang Beltracchi individua le tele dei grandi artisti considerate perdute e da lì gli viene l’idea diabolica : invece di fare copie di opere famose per spacciarle come originali, perché non inventare di sana pianta quadri dei grandi maestri ?
La tecnica è relativamente semplice per uno del mestiere come lui. Beltracchi si procura delle vecchie tele già utilizzate da pittori sconosciuti, scrosta via gli strati di colore e ricorrendo a dei vecchi tubetti di colore o dei pigmenti preparati per l’occasione realizza dei nuovi dipinti di Léger, Max Ernst, Campendonk… Infine, per donare ai quadri il giusto aspetto conferito dall’usura del tempi, li lascia all’aria aperta qualche giorno prima di immetterli in un’asciugatrice speciale e applicarvi sul retro una falsa etichetta invecchiata dalla caffeina.

Per rispondere ai collezionisti o ai galleristi che domandano a Beltracchi dove abbia recuperato questi capolavori dispersi, il furbone e i suoi compari si inventano una fantomatica collezione Jägers, un ricchissimo capitano d’industria tedesco a cui Flechtheim avrebbe svenduto i suoi quadri. In realtà Werner Jägers fu semplicemente il nonno materno della moglie di Beltracchi, ed ebbe tanti rapporti con il ricco mercante Alfred Flechtheim quanti ne posso avere io con Vladimir Putin, o con Elton John se preferite. Probabilmente nessuno. Ma anche qui Beltracchi non lascia nulla al caso : acquista una macchina fotografica degli anni ’20 e scatta una foto alla moglie Helen davanti a un muro di quadri falsi, nella loro casa a Mèze, lasciando credere che lo scatto sia stato fatto prima della Seconda Guerra mondiale.

attribuito a Max Ernst
Nel giro di qualche anno il mercato dell’arte si inzeppa di falsi provenienti dalla fabbrica di Beltracchi & Co., e a cascarci sono in tanti : gallerie internazionali, critici d’arte, collezionisti di tutte le nazionalità… Persino l’attore americano Steve Martin, quello de Il padre della sposa, sborsa 700 000 euro per un Paesaggio con cavalli attribuito al pittore tedesco Heinrich Campendonk, mentre il potente editore francese Daniel Filipacchi, presidente di Hachette, nel settembre 2006 acquista per 7 milioni di dollari La Foresta II attribuito a Max Ernst. Il conto in banca di Beltracchi subisce una rapida impennata, con tutti i benefici del caso : ville, auto sportive, soggiorni in alberghi a 5 stelle a Monaco, Zurigo, Las Vegas… Das süße Leben, la dolce vita alla tedesca.
L’inganno tuttavia non può durare in eterno, un quadro falso in fondo è come una bugia. Ha le gambe corte. Alla fine del 2006, infatti, delle analisi di laboratorio dimostrano che il Quadro rosso con cavalli attribuito a Campendonk contiene un pigmento inesistente all’epoca in cui l’opera sarebbe stata realizzata (il 1914). Signore e signori, questo quadro non è autentico. E indovinate da dove si suppone che provenga ? Dalla galleria Flechtheim. A tutte le unità, il mercato dell’arte è invaso da falsi ! Mobilitazione generale di storici dell’arte, avvocati, procuratori, investigatori privati e poliziotti, fino all’arresto di Wolfgang Beltracchi e consorte il 27 agosto 2010. Fine dell’avventura.
Il protagonista della faccenda sta ora serenamente scontando la sua pena in carcere, con il cervello impegnato in un’autobiografia e in un film-documentario sulla sua vita. Dopo un reportage fiume apparso su Vogue, dopo una marea di articoli dedicatagli dalla stampa tedesca, dopo un libro-inchiesta sulla sua truffa milionaria scritto dai giornalisti tedeschi Stefan Koldehoff e Tobias Timm, quello che ci si aspetta è un bel film hollywoodiano sulla sua vita da bohemien. Cosa dite, magari interpretato da Johnny Depp ? Ma no, guardate bene la sua foto. Non vi ricorda qualcuno ? Ma sì, è lui. Jeff Bridges.
L’intraprendenza di questo falsario ricorda un po’ la storia di hans van megeeren che con i suoi ‘inediti’ veremeer tenne in scacco per un bel po’ l’intera comunità di storici e collezionisti. È purtroppo il mondo dell’arte diventato terreno fertile per i falsari, poco fa leggevo di due tedeschi che hanno prodotto circa un centinaio di falsi (in part. Kandisnski) immettendone alcuni sul mercato a cifre esorbitanti, favoriti da tanto di autentica falsificata. Certo c’è del ‘genio’ in questi signori, sono degli eroi romantici, ma restano pur sempre dei truffatori!
I due tedeschi a cui fai riferimento sono per ora solo dei sospetti, ma il giro di affari non avrebbe nulla da invidiare a quello di Beltracchi.
se non ci fosse l’analisi chimica i cosiddetti “storici dell’arte” quante ne berrebbero?
di birre, vuoi dire ?