L’autoritratto giovanile di Rembrandt

Succede che questo blog stagna peggio dello yogurt scaduto che tengo nel frigo per collezionismo. Succede che invece di dedicarmi a mostre e vernissage, preferisco fare zapping davanti alla televisione ingozzandomi di birra e noccioline. Succede però che di tanto in tanto, calati gli effetti della sbornia, mi torna la voglia di arte. Succede allora che una sera di qualche settimana fa sono andato ad assistere a una conferenza sulla pittura fiamminga del XVII secolo. A tenerla era una giovane donna che esordiva precisando di non essere una storica dell’arte professionista – questo spiegava il carattere gratuito dell’evento – ma il piacere che ne traevo superava qualsiasi aspettativa : prova ne era il sonno placido e felice in cui sprofondavo non appena rientrato a casa.

All’onore della serata, facile immaginarlo, erano tre importanti pittori di quello che viene definito il Secolo d’oro dei Paesi Bassi, Johannes Vermeer, Rembrandt e il meno conosciuto Frans Hals. Un’ora e mezza trascorsa in contemplazione di alcuni dei loro capolavori proiettati su grande schermo, con la voce conciliante della relatrice a commentarli e i frequenti interventi del pubblico a interromperla con osservazioni o domande. Ritratti, tanti ritratti sfilavano nel buio della sala, scene di vita quotidiana e persino qualche paesaggio : dalla celeberrima Ragazza con l’orecchino di perla all’enigmatico La Ronda di notte.

A smuovere la mia sensibilità artistica ormai narcotizzata, tanto da spingermi a riprendere penna e calamaio per scriverci due righe, era tuttavia un dipinto oggi poco pubblicizzato, un autoritratto giovanile concepito da Rembrandt nel 1628. L’artista all’epoca aveva appena ventidue anni ma una carriera già consolidata : assieme all’amico pittore Jan Lievens teneva uno studio nella città di Leida, a 40 chilometri da Amsterdam, e gli affari andavano talmente bene da permettergli di prendere apprendisti in bottega. Merito del suo talento prodigioso nel rendere il chiaroscuro su tela, nonché della rete di contatti intessuta nella buona società olandese, il nome di Rembrandt spiccava tra i ritrattisti più in voga, al punto da fruttargli commissioni persino dalla corte reale dell’Aja.

Autoritratto con capelli scompigliati
Rembrandt
1628. Olio su tela

Accanto però ai lavori su richiesta, l’artista si era ritagliato uno spazio da dedicare a se stesso. Fin da giovanissimo, infatti, egli aveva una propensione comune a molte persone, a dimostrazione che l’invenzione dei social non ha fatto che esasperare un fenomeno congenito nell’essere umano : gli piaceva mirarsi, contemplare se stesso, e da lì riprodurre la propria figura nelle diverse fasi della vita. Ma questa piccola mania, fate attenzione, non era dovuta a un semplice vezzo narcisista. Dalle tantissime immagini che di lui abbiamo, rese su disegni, acqueforti e dipinti, salta subito all’occhio che non si trattava affatto di un bell’uomo : connotati piatti, orbite incavate, gote che con l’avanzare dell’età si facevano sempre più cadenti… insomma l’esatto opposto del fisico adonico spesso preso a modello nell’arte antica e moderna. Ma allora da dove veniva l’ossessione di Rembrandt per l’autoritratto ? Era uno studio dei suoi umori, i suoi tormenti, i suoi segreti, era il vagabondare inquieto di un’anima in cerca di se stessa : secoli prima della nascita della psicanalisi e degli sghiribizzi sintattici di Marcel Proust e di James Joyce, il grande pittore olandese indagava ciò che gli rodeva nel petto con gli strumenti dell’arte. E nel lungo diario pittorico che tenne nel corso di tutta la sua carriera, l’autoritratto del 1628 occupa un posto speciale.

Rappresentato, infatti, in un primo piano che oggi potrebbe ricordare lo scatto fotografico per un album scolastico, è un uomo dalla folta capigliatura riccia e i tratti lievemente arrotondati, del quale tuttavia non viene mostrato un particolare essenziale al riconoscimento. Gli occhi, lo sguardo, Rembrandt cala un’ombra su parte del proprio viso, una grossa macchia scura che dalla fronte gli scende fino alle guance, celando anche una porzione della bocca. Indubbiamente è lui, è il pittore stesso, eppure a chiunque viene spontaneo domandarsi : perché questa strana trovata ? Perché lo sghiribizzo di volersi nascondere ? Perché, se proprio l’artista intendeva confondere gli osservatori, non ritrarsi addirittura mascherato o di spalle ? Come una fotografia controluce : se fatta da un fotografo dilettante, impossibile non pensare a un grossolano errore. Rembrandt però non era tipo da commettere errori, nemmeno errori volontari, pertanto quell’alone di mistero con cui si velava il volto rispondeva a uno scopo preciso. Evitare d’esporsi del tutto allo sguardo del pubblico, proteggersi. Lui ci osserva, osserva noi spettatori, ci guarda al di là della tela, ma pone un limite alla soglia della propria intimità. Un uomo timido, l’artista fiammingo ? Riservato : ecco la parola giusta.


2 risposte a "L’autoritratto giovanile di Rembrandt"

  1. Mi chiedevo se ti eri già pensionato… Invece sei pure migliorato nel tuo scrivere. Ti ho letto molto volentieri e con interesse.. Imparo sempre qualcosa. Alla prossima.

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