In questi giorni, come probabilmente sapete, si stanno svolgendo a Londra i campionati del mondo di atletica leggera, e io ogni sera accendo un cero di ringraziamento a France 3 per trasmetterli puntualmente in diretta televisiva. Usain Bolt terzo ai 100 metri (battuto da Justin Gatlin !), Renaud Lavillenie medaglia di bronzo al salto con l’asta, oro al francese Pierre-Ambroise Bosse per gli 800 metri piani, la cinese Gong Lijiao vince nel getto del peso… e ieri, sorpresa generale, il norvegese Karsten Warholm arriva primo nei 400 metri a ostacoli : a soli 21 anni, Warholm è il campione del mondo più giovane di sempre nella sua specialità. Ragazzi, questo è sport ! La notizia non avrebbe nulla a che fare in questo contesto se non fosse per un piccolo particolare, il dettaglio che ho notato ieri sera mezzo appisolato davanti al televisore. Il viso di Karsten Warholm appena tagliata la linea del traguardo, al termine di quei fantastici 400 metri che in 48”35 l’hanno proiettato in cima al podio : vedete lo sguardo paonazzo, le mani che stringono la testa, la bocca slargata dall’euforia ? Lasciamo perdere l’incredulità davanti a una vittoria inattesa, la fatica al termine di un indicibile sforzo, la felicità per il coronamento di un sogno. Per pochissimi istanti, il giovane atleta norvegese si è appropriato di un viso, una smorfia, un urlo che non sono suoi. Appartengono a qualcun altro, qualcuno che come lui viene dai fiordi scandinavi : a voi appassionati d’arte non viene in mente nulla ? Sarà che i norvegesi urlano tutti allo stesso modo…