Venezia ritratta a musaici, gli acquarelli un po’ scialbi,
le stampe, i cofani, gli albi dipinti d’anemoni arcaici,
le tele di Massimo d’Azeglio, le miniature
i dagherottipi : figure sognanti in perplessità …
Guido Gozzano
Sfogliando tra i ricordi, mi è saltata fuori questa foto : risale a poco più di due anni fa, un tiepido mattino di luglio passato alla Villa Il Meleto, la residenza agreste del poeta Guido Gozzano nei pressi di Agliè Canavese. Un posto che credevo esistesse solamente nelle fantasie del malinconico Gozzano, mi si è rivelato in tutta la sua prosasticità. Il grande giardino in parte trascurato, l’edifico in stile liberty secondo la moda d’inizio ‘900, il lungo viale alberato che il poeta torinese percorreva a passi tardi e lenti perso nei suoi pensieri. A catturare la mia curiosità, tuttavia, è stato un oggetto da interni, un mobile nel salottino al primo piano della villa. Una di quelle buone cose di pessimo gusto che Guido Gozzano celebrava nel suo componimento più noto, L’amica di nonna Speranza.
Di che cosa si tratta ? Appena l’ho visto, mi è subito venuto in mente il genere di opere che rimpinzano ormai le fiere d’arte contemporanea (e qui si spiega la sua presenza in questo blog) : un elaborato collage di elementi disparati, frutto di un artista ormai a corto di idee, ma che trova sempre un collezionista di bocca buona disposto all’acquisto. E invece era un paravento, un semplice, piccolo paravento : accessorio domestico concepito a difesa del pudore e che ora sopravvive perlopiù nel nostalgico immaginario vintage. Un paravento colorato nella casa del Gozzano. Pensavo fosse arte, e invece era poesia.
Beh, una bella sorpresa, no?
Federica
Non di sola arte (vive l’uomo).