
Wifredo Lam
1938. Guazzo su carta
No, dai, non ci credo. Figuriamoci se è lui. Non può essere. Ma te lo vedi ? Un sabato pomeriggio Zlatan Ibrahimović che passeggia per le sale del centro Pompidou, a Parigi. Un tipo alto, spalle larghe e codino dietro la nuca. Da lontano a me pareva proprio Zlatan : dopotutto gioca per il Paris Saint-Germain, no ? Avvicinatomi all’individuo in questione, scoprivo di aver preso una cantonata. Ma l’idea continuava a stuzzicarmi. Chissà che tra una partita e un allenamento, pensavo, il grande Zlatan non venga davvero a farsi un giro in questo tempio dell’arte moderna ? Divagando tra sciocchi pensieri, entravo alla mostra che attualmente il centro Pompidou di Parigi dedica al pittore e ceramista Wifredo Lam.
Più mondializzato di Ibrahimović, il nostro Wifredo Lam. Se il calciatore nasce in Svezia da genitori jugoslavi e si lancia in una fulminante carriera sportiva internazionale, il pittore riesce a crearsi un’identità ancora più multicolore. Una vera identità da cittadino del mondo. Cubano nato da padre cinese e madre d’origini africane, Wifredo Lam è un mulatto dal fisico allampanato e gli occhi a mandorla. Magari meno muscoloso del possente Zlatan, ma comunque un bell’uomo.
La giovinezza tra Cuba e la Spagna
La Cuba dove cresce è quella d’inizio ‘900, prima del Che e di Fidel Castro, la Cuba della Belle Epoque per pochi e della profonda miseria per molti. Iniziati gli studi artistici a La Havana, nel 1923 si trasferisce in Spagna per iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Madrid. Il primo contatto diretto con la tradizione artistica europea lascia un’impronta indelebile sul giovane pittore cubano : i grandi maestri scoperti al museo del Prado, l’effervescenza delle avanguardie, Gauguin, gli espressionisti tedeschi, Mirò, Matisse e l’incontenibile Picasso. Influenze disparate si scorgono già nei suoi primi lavori, quali la bellissima veduta abbarbicata sulle colline di Casas Colgadas, III.

Wifredo Lam
1927. Olio su tela
L’intenzione rappresentativa si mischia a uno spirito più sognatore, dipingendo un paesaggio di case che non sembrano opere umane ma creazioni naturali, come dei funghi apparsi spontanei sulle alture della città spagnola di Cuenca. Partendo dal colore degli antichi edifici, l’artista cubano ammanta tutto il dipinto di un marrone terroso che arriva fino allo spicchio di cielo incombente sui tetti.
L’esilio a Parigi
Arruolatosi nelle forze repubblicane durante la guerra civile spagnola, nel 1938 Wifredo Lam si vede costretto a fuggire il paese a seguito della vittoria delle truppe franchiste. Da Madrid a Parigi. Nella movimentata capitale francese, le avanguardie artistiche sono in preda al fascino esercitato dalla scultura africana. Motivi semplici, forme geometriche, volti inespressivi : anche lo stile del pittore cubano risente del richiamo dell’arte tribale esposta al Museo dell’Uomo di Parigi e reinterpretata da Pablo Picasso, di cui Wifredo Lam diverrà presto grande amico.

Wifredo Lam
1938. Guazzo su carta
Ispirato a maschere africane e alla mimica cubista è Il risveglio, quadro in guazzo su carta del 1938. Due personaggi perpendicolari l’uno all’altro, una lei seduta sul bordo del giaciglio e un lui ancora sdraiato appena dietro. Forse è il ricordo della moglie recentemente scomparsa, portatagli via assieme al figlio dalla tubercolosi, a suggerire all’artista il soggetto del dipinto. Un risveglio non riposato, un risveglio inquieto, il risveglio di chi vorrebbe rimanere a letto ma ha il dovere di alzarsi e partire : forse verso quei luoghi dove invece si dorme per sempre.
Le sfumature cromatiche di Casas Colgadas, III hanno qui lasciato spazio a una netta ripartizione del dipinto per aree di colore. Il pavimento giallo, la pelle rosa, il letto verde, una banda blu, il soffitto ocra… L’intenzione realista nella sua pittura inizia a venire meno.
Il ritorno ai Caraibi
Dopo un viraggio a Marsiglia dove incontra André Breton e la banda dei surrealisti, all’inizio degli anni ’40 Wifredo Lam fa rotta in direzione delle native sponde, l’arcipelago caraibico lasciato poco più che ventenne. L’isola di Martinica e Cuba, la sua Cuba, madre un tempo abbandonata e ora ritrovata sull’orlo dello sfinimento. Corruzione, razzismo e povertà : vedendo il proprio paese ridotto a postribolo d’America, l’artista prova un profondo dolore misto a qualcosa di simile all’orgoglio patriottico. Quel sentimento da cui nasce il suo quadro più famoso, La Giunga, gigantesco olio su carta datato 1943.

Wifredo Lam
1943. Guazzo su carta
Un dipinto dove capita di tutto, perfetta illustrazione del crogiolo culturale cubano : retaggi precolombiani, invasione spagnola, deportazione africana, immigrazione francese e il feroce spirito anarcoide sfociato nel fenomeno della pirateria. Nella giungla tropicale dipinta da Wifredo Lam l’animale s’intreccia al vegetale, gambe e zampe si confondono con canne di bambù, volti umani si sovrappongono al fogliame, Gauguin va a braccetto con Picasso e l’arte negra… il pittore cubano mischia ingredienti disparati per offrirci un irresistibile cocktail di colori, stili e suggestioni che mette strane voglie. Ballare. La Giungla di Wifredo Lam è un quadro che mette voglia di ballare. Talmente innovativo, libero, proprio alla cultura cubana, da essere quasi snobbato dalla critica americana : anche quando verrà acquisito dal Museum of Modern Art (MoMA) di New York, il suo posto sarà in un corridoio di passaggio vicino agli ascensori.
Di nuovo a Parigi e ad Albissola Marina
Lasciati nuovamente i ritmi caraibici, a inizio anni ’50 l’artista cubano torna in Europa per stabilirsi a Parigi. I suoi lavori hanno ormai raggiunto una maturità che li avvicina all’arte astratta : le tele sono sempre più grandi, i colori freddi, i tratti tesi e le forme stilizzate, senza però cedere completamente alla pittura non figurativa.

Wifredo Lam
1951. Olio su tela
Da diverse linee convergenti che dividono il piano in precise aree cromatiche nasce il contatto di Mani intrecciate, un contatto di mani, di corpi, di dettagli che si toccano e si confondono l’uno nell’altro. Un dipinto che capovolge l’assunto de Il bacio di Gustav Klimt: mentre il pittore austriaco esibiva apertamente la sensualità in una nebulosa dorata da cui emergevano le figure abbracciate dei due amanti, Wifredo Lam la nasconde dietro forme umbratili e inquietanti, lasciandosi scappare come solo indizio quelle mani intrecciate alla base del quadro.
Ma la svolta che segna l’ultima parte della carriera di Lam coincide con la scoperta del borgo italiano di Albissola Marina, in provincia di Savona. Nel piccolo paese ligure che tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso si presenta come un ritrovo d’artisti da tutto il mondo, Wifredo Lam sperimenta nuove tecniche espressive oltre alla pittura, appassionandosi sempre di più alla ceramica.
La libertà offerta dalla lavorazione della terra cotta, dove intervengono maggiori fattori esterni alla volontà del creatore, gli permette di dare diversa forma alle sue idee. Tra un viaggio in Egitto, India e Messico, da cui puntualmente torna con nuovi pezzi che vanno ad alimentare la sua ricca collezione d’arte, Wifredo Lam si dedica assiduamente alla produzione ceramica, arrivando talvolta a quasi trecento opere l’anno. Infaticabile, l’artista cubano. Fino al momento della sua scomparsa, nel 1982, a ottant’anni non ancora compiuti, fedele alla ricerca di un’arte completa, nutrita degli ingredienti più svariati che la modernità possa offrire.