Erró, artista enciclopedico – Parte prima

– Al Museo d’Arte è in corso una mostra su Desigual !
– Come su Desigual ?
– Sì, Desigual. Espongono i quadri di un artista che si chiama Erró, ma a me ricordano i colori delle magliette di Desigual.

Incuriosito da questa estrosa introduzione a Erró di un’amica farmacista scopertasi inaspettatamente critico d’arte, recentemente ho fatto una capatina alla retrospettiva che il Museo di Arte Contemporanea di Lione dedica a Desigual al grande artista islandese. Ne sono uscito contento, leggermente frastornato dalla grande quantità di opere esposte e con una bella maglietta colorata come souvenir della visita.

erro-giovaneNato nel 1932 a Ólafsvík, in Islanda, Guðmundur Guðmundsson capisce già in giovanissima età che il suo destino è di seguire le orme del padre pittore. Nel 1949 intraprende gli studi artistici presso la Scuola di Belle arti di Reykjavík e li prosegue poi all’Accademia di Oslo, all’Accademia di Firenze e alla Scuola del Mosaico di Ravenna. Non ha paura di viaggiare, il ragazzo venuto dal nord.

Probabilmente resosi conto che il suo nome crea qualche problema di pronuncia agli stranieri, nel 1952 decide di adottare il più semplice nome d’arte di “Ferro”. A ispirarlo è una breve permanenza nel villaggio spagnolo di Castel del Ferro. Peccato per lui che in quel periodo sia presente a Parigi un artista brasiliano chiamato Gabriel Ferraud, e che la legge francese proibisca agli artisti stranieri di adottare un nome già esistente. Scartata l’ipotesi di aggiungere una “r” a Ferro, si propende per la soppressione della “F” iniziale : Ferro diviene Erró, soluzione particolarmente amata dall’artista dato che “er ro” in lingua islandese significa “adesso è tranquillo”.

Les Carcasses
Les Carcasses
Erró
1955. Smalto su carta montata su tela

I suoi primi lavori degli anni ’50 nascono dall’applicazione della tecnica del collage ai disegni stilizzati, ma il quadro che gli fa guadagnare l’attenzione della critica è la grande tela Les Carcasses esposta nel 1956 alla galleria Montenapoleone di Milano. Leonardo Da Vinci, Paolo Uccello e gli studi della pittura italiana rinascimentale s’impastano con gli orrori della Seconda guerra mondiale e le inquietudini della minaccia atomica. Brrr… c’è poco dello stile Desigual nelle grigie carcasse di animali e negli scheletri umani appesi come dei salami, aggrovigliati a catene e minacciosi attrezzi di tortura. La sola presenza vivente di tutto il dipinto potrebbero essere le metalliche armature in secondo piano, non fosse che il loro freddo immobilismo ce le fa apparire distaccate, forse vuote. Il giovane Erró riprende simboli e immagini della Storia dell’arte per interpretarli in chiave attuale, secondo un procedimento di assemblaggio (qualcuno preferisce chiamarlo melting pot) che caratterizzerà tutta la sua produzione artistica a venire.

Madame Picabia
Madame Picabia
Erró
1960. Smalto su tela

Poco tempo dopo, nel 1960, installatosi a Parigi, realizza una serie di quadri intitolata Meca-Make-Up abbinando volti di manichini ed elementi meccanici. Rossetti, fard e orecchini sono sostituiti da cilindri e tubi metallici, rondelle e indistinguibili pezzi del Meccano. Nell’immaginazione dell’artista, le donne del futuro si truccheranno rovistando nella cassetta degli attrezzi del marito. Niente lifting o labbra gonfiate al silicone : i ritocchini estetici sono sostituiti da evidenti inserti superficiali. Prendiamo Madame Picabia, il ritratto della moglie ideale del grande pittore francese Francis Picabia. La pelle chiara, gli occhi abnormi, l’acconciatura di cubi e fuselli, le piastrine in punta di labbra… ma davvero Erró credeva che Francis Picabia avesse gusti simili ?

Gli anni ’60 sono il decennio in cui l’artista islandese consolida il suo stile, adotta le tecniche creative che distingueranno i suoi dipinti fino ai giorni nostri. Sono grandi, grandi, grandi. Le sue tele sono sempre più grandi. E non solamente in termini di dimensioni. La densità : nei dipinti di Erró vengono a confluire evocazioni, immagini, oggetti talmente disparati che la contemplazione di ogni singolo quadro diviene un piccolo tour de force per l’occhio dello spettatore più incallito. Guai a coloro che amano osservare l’arte fin nei minimi dettagli : la visita a una mostra su Erró potrebbe costargli interi pomeriggi.

The School of New-Par-Yorkis
The School of New-Par-Yorkis
Erró
1959. Smalto

Ma in questi enormi contenitori che sono i suoi quadri, l’artista cosa ci mette ? L’ispirazione non è cercata in ricordi d’infanzia o passeggiando tra viali alberati, né fantasticando chissà quali scenari favolosi. Per quanto i soggetti rappresentati nelle sue opere possano apparire trasfigurati, iperbolici, grotteschi, Erró è un pittore della realtà, della iperrealtà, del qui e adesso alla massima potenza. Il giovane artista fotografa oggetti d’uso comune, ritaglia illustrazioni da riviste scientifiche e tecniche, estrapola testi da giornali e libri di seconda mano. A interessarlo è l’enorme flusso d’informazioni a cui siamo sottoposti quotidianamente. Terminato il lavoro di collezione, il pittore riversa sulla tela il flusso di sensazioni provocato da questa o quell’immagine, da questo o quel titolo di articolo, deviandone il significato originale per attribuirgliene uno nuovo.

Erró
Les Galápagos
Erró
1961. Smalto su tela

Per Les Galápagos, un quadro largo più di 3 metri, Erró ripensa alla foto di un gruppo d’iguane trovata su una rivista e inizia a dipingere. Dipinge, dipinge, dipinge. Venti ore senza sosta. Partendo dall’angolo in basso a sinistra, ricopre la tela di un’intricata trama di minuscoli animali, creando un affollato paesaggio vivente. Le variazioni d’intensità con cui lavora la sua mano si scorgono nelle tracce lasciate dal pennello, in alcuni punti più marcate e in altri più morbide.

Flusso della Sharpeville asessuata
Flusso della Sharpeville asessuata
Erró
1959 – 1960. Smalto su tela

Una tecnica simile è utilizzata per Flux de la Sharpeville asexuée, il Flusso di Sharpeville asessuata, un’orgia gigantesca di personaggi ingarbugliati in svariate posizioni sessuali. L’era degli hippy è vicina, e con questo coito collettivo l’artista intende rendere omaggio alle vittime del massacro razzista perpetrato il 21 marzo 1960 nella città di Sharpeville, in Sudafrica. Fate l’amore, non fate la guerra : belle parole davvero, ma purtroppo il messaggio pacifista non è così forte da colpire gli spettatori più superficiali, quelli che vedono nell’orgia di personaggi che copulano una semplice orgia di personaggi che copulano, e nel 1961, in occasione di una mostra presso una galleria di Milano, il quadro viene messo sotto sequestro dalla prefettura della polizia italiana. erro-mixChissà che qualche poliziotto non volesse semplicemente appendersi in salotto la bella scena licenziosa… Il dipinto scompare nel buio per più di cinquant’anni, venendo infine restituito all’autore diviso in due parti.

La svolta decisiva nella carriera di Erró, quella che probabilmente segna per sempre il suo modo di creare, è il suo trasferimento a New York nel dicembre del 1963. L’America della Pop Art, l’America dei Pop corn. Oltre a scoprire le nuove tendenze artistiche d’oltreoceano, Erró si lascia travolgere dalla cultura iperconsumistica americana. Immagini. L’individuo americano è costantemente bombardato da immagini. Pubblicità, film, programmi televisivi, foto su giornali e riviste, cartoni animati, copertine dei dischi, fumetti… Il paese del bengodi per il pittore islandese, che continua la sua vorace collezione visiva per comporre collage successivamente trasformati in dipinti. Le sue opere ormai non hanno più inibizioni, viene a confluire di tutto : dai personaggi cartooneschi alle prospettive cubiste, come nel coloratissimo The Big Fox. Tradizione pittorica europea abbinata a sperimentalismo a stelle e strisce.

The Big Fox
The Big Fox
Erró
1964. Smalto su tela

In questo periodo inizia poi la fortunata serie degli Scapes, i paesaggi a tema. Dei quadri giganteschi che ironizzano sulla produzione e il consumo sfrenati della società moderna. “Se escludi il cibo, tutto è epifenomeno” diceva il personaggio di Michel Piccoli nel film La grande abbuffata. Quale citazione migliore per introdurre il grande affresco culinario di Foodscape ? Una landa sterminata di leccornie : torte, formaggi, salumi, frutta, bevande… se sono davvero questi gli Stati Uniti degli anni ’60, inutile domandarsi come mai tutti vogliano andarci a vivere.

Foodscape
Foodscape
Erró
1962. Smalto su tela

Da qui in poi, fino ai giorni nostri, l’attività dell’artista islandese sarà sempre più marcata dalla contaminazione, dal miscuglio, dall’accostamento inaspettato e provocatorio. Contro la stupidità delle guerre e dei sistemi totalitari, nessuna arma è più potente dell’ironia : una lezione che Erró deve aver imparato bene, come dimostrano i suoi lavori sul conflitto in Vietnam, il regime sovietico o in tempi più recenti l’intervento americano in Iraq. Ce ne sarebbe da dire, ce ne sarebbe da dire eccome sull’immensa produzione dell’artista venuto dal paese dei geyser, sulla grande complessità delle sue tele composite, sull’intento quasi enciclopedico che ha fatto scorgere già nei suoi primi lavori una comunicatività avanti con i tempi, anticipatrice di quell’immenso guazzabuglio contemporaneo che è internet. Ora però non vorrei trattenervi più del dovuto… Facciamo allora una bella cosa. Prendiamoci una piccola pausa e lasciamo il discorso in sospeso, promettendoci di riprenderlo tra qualche tempo a mente fresca. Dove siamo arrivati con il percorso artistico di Erró ? Gli anni ’60. Bene : nella seconda parte dell’articolo parleremo della sua carriera dagli anni ’70 fino ai giorni nostri. Vi sta bene ? DRIIIIIIIIIIINNNNNNNNNNNNN !!!! E’ suonata la ricreazione…


2 risposte a "Erró, artista enciclopedico – Parte prima"

  1. Errò dimostra come un pittore possa essere immensamente grande senza adoperare l’accattivante chiave di lettura della bellezza. Nelle sue opere, si esalta la confusione metropolitana attraverso l’inciviltà dei costumi, in un’apparente ma studiatissima confusione. Una moltitudine di immagini sovrapposte, l’una sull’altra, paradossalmente senza principio e fine che disarmano il fruitore che assiste sgomento a tanto costrutto. Non vi è bellezza accattivante in questi dipinti ma enorme ingegno brutalmente ed ironicamente consegnato ai posteri…

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