A cazzotti : la vita va presa a cazzotti. Ci sono uomini convinti che per ottenere qualcosa, qualsiasi cosa, il modo migliore sia di combattere, darsele di santa ragione. Testa bassa, pugni chiusi e vai con le botte da orbi. Solo i deboli hanno paura di farsi male. Strenui partigiani di questa visione del mondo furono due personaggi che si ritrovarono su un ring di pugilato, l’uno contro l’altro, il 23 aprile 1916, a Barcellona.
Da una parte l’afroamericano Jack Johnson, ex-campione mondiale dei pesi massimi esiliato dagli Stati Uniti perché accusato di traffico di essere umani. Dall’altra un tipo dalla pelle chiara, un inglese, un damerino alto quasi 1 metro e 90 che si proclamava nipote di Oscar Wilde. Di nome faceva Fabian Avenarius Lloyd, ma era più conosciuto con lo pseudonimo francese di Arthur Cravan. Difficile dire chi fosse veramente. Di certo non un pugile professionista.
Nato nel 1887 a Losanna, in Svizzera, Arthur Cravan dimostrò fin in giovanissima età un temperamento sanguigno e irriverente. Alcuni ragazzi sono molto vivaci, altri dei veri tamarri, altri ancora, parecchi, delle semplici teste di cazzo. Lui era un torello scatenato. Talmente irrefrenabile da farsi espellere dall’accademia militare inglese per aver sculacciato un insegnante. Che fare a inizio ‘900 quando non si hanno molti soldi in tasca ma troppe idee nella testa ? Cravan iniziò a viaggiare : la quieta Svizzera gli stava troppo stretta, e il nostro eroe si mise a bighellonare tra il vecchio e il nuovo continente.
Si professava poeta, e dal 1911 al 1915 curò la pubblicazione di una rivista letteraria parigina intitolata Maintenant. A stupire, tuttavia, più che i contenuti delle sue poesie o dei suoi interventi critici, erano la forma provocatoria e dirompente del suo scrivere, la sua disinibizione esasperata. Se aveva peli su qualche parte del corpo, questa non era certamente la lingua. La sua mancanza di ritegno gli procurò non pochi guai, ma gli fece anche guadagnare la stima di alcuni giovani artisti francesi che si riconoscevano nel movimento Dada. Marcel Duchamp, André Breton, Francis Picabia erano incantati da come Arthur Cravan cercasse senza sosta di oltraggiare, scioccare, inventarsi un’identità sempre nuova. Nel grande spettacolo del mondo, lui amava cambiare continuamente di ruolo. La sua attitudine di mettersi costantemente in scena, di fare della vita stessa un’opera d’arte, poteva forse ricordare il nostro Gabriele D’Annunzio, o anche, in tempi più recenti e in maniera più pacchiana, celebrità come Madonna o Lady Gaga.
Il desiderio di avventura di Arthur Cravan aveva tuttavia alcuni limiti : va bene prendersi a parolacce o fare una bella scazzottata, ma andare a combattere in trincea è tutt’altra faccenda. Nell’aprile 1916, infatti, nel pieno del primo conflitto mondiale, Cravan si trovava a Barcellona alla ricerca di un lasciapassare per gli Stati Uniti. L’irrifiutabile proposta dell’esercito francese di andare al fronte di guerra non era stata veramente di suo gradimento. Soldi, aveva bisogno di soldi. E fu qui che si profilò l’idea dell’incontro di boxe tra lui e Jack Johnson.
Il campione americano contro un misconosciuto pugile europeo : Cravan era poco più che un amatore, mai salito su un ring per un vero combattimento, ma i promotori del match lo presentarono come un vero professionista del pugilato. Benché allenatosi duramente per alcuni mesi, il giovane inglese arrivò all’incontro del 23 aprile presso il Monumental di Barcellona con le ginocchia tremanti. Dopo sei round di cincischiamenti, colpi andati a vuoto e qualche risatina, Johnson decise che era giunto il momento di farla finita. Montante destro, gancio sinistro dell’afroamericano : Cravan era al tappeto, il match era finito. Buuuuuuu, buuuuuuuu ! Gli spettatori mugugnarono, sentitisi raggirati da un incontro truccato. Gli ingenui : non sapevano di aver appena assistito alla prima performance pubblica della storia dell’arte moderna.
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