L’arte in lattina di Gaël Duvert

No, no e no. Il pennello e la tavolozza no. Scordatevi gli strumenti tradizionali del pittore : l’artista di cui voglio parlarvi oggi ha trovato una soluzione alternativa. Le lattine. Le lattine che contengono bevande come la Coca Cola o la birra, ma anche quelle più grandi contenenti cibi in conserva. Chi può mai aver avuto un’idea simile ? Si chiama Gaël Duvert, e realizza degli impressionanti quadri utilizzando delle lattine usate. Pop art, Street art e Body art : adesso esiste pure la Can’art. L’arte in lattina. Ora metto un attimo da parte l’entusiasmo e vi spiego con calma in cosa consiste, iniziando a raccontarvi la storia di Gaël Duvert. Francese, nato a Lione nel 1976, cresce nella placida cittadina di Valence. gael-duvertLa sua non è la classica formazione dell’artista. Niente accademia di Belle Arti : Gaël Duvert studia la meccanica e si specializza in disegno industriale. La manualità c’è, la creatività pure. Ma alla fatidica domanda “cosa vuoi fare da grande ?” il giovane Gaël non manifesta aspirazioni artistiche. All’alba dei vent’anni si trasferisce a Nizza, in Costa Azzurra, dove si dedica alla progettazione di mobili. La fiera del design di Monaco, le serate alticce con gli amici, la musica, il sole, il mare… La vita sulla Riviera Francese non è poi tanto male. Fino a quando non si rompe una gamba a seguito di un incidente sugli sci. Costretto a casa per diversi mesi, Gaël inizia ad annoiarsi. Va bene che nell’appartamento che condivide con i cugini le feste bohemien non mancano, ma il divertimento non riesce a lenire la sua insoddisfazione crescente. Bisogna reagire all’inattività. L’idea gli è suggerita da un’amica : bevendo e mangiando, nella casa dei cugini festaioli si accumula sempre una grande quantità di lattine vuote. Perché non utilizzarle per farci dei quadri ? E così Gaël Duvert realizza la sua prima opera. Poi la seconda. Poi la terza. Incoraggiato dalla sua ragazza che lavora in una galleria d’arte, il novello artista si appassiona sempre di più, tanto da riuscire a far esporre i suoi primi quadri in una galleria a Saint-Paul-de-Vence, un paesino sulle colline vicino a Grasse. Un bell’exploit, si direbbe in francese. Quella dell’artista a tempo pieno è però una carriera che pochi riescono a permettersi : finita la riabilitazione alla gamba, Gaël torna a Valence e riprende a lavorare nel disegno industriale. La creazione artistica viene portata avanti in parallelo, la sera e nei weekend, lasciandogli pochissimo tempo libero. Già, perché la tecnica che adopera per realizzare un quadro con le lattine è davvero molto lunga e impegnativa. Non richiede necessariamente una grande bravura nel disegno, quanto piuttosto tanta pazienza, minuziosità, costanza. E una dose abbondante di fantasia.

Banana e chepì
Banana e chepì
Gaël Duvert
2009. Lattine su tela

Il principio non è dissimile dal mosaico antico, aggiornato però secondo un moderno estro eco-pop (permettetemi l’inelegante neologismo). Tutto parte da una foto, che l’artista ricalca su carta lucida e proietta su un supporto in legno che servirà da base al quadro. Applica poi alla tela in legno delle lattine in acciaio o alluminio, accostandole le une alle altre in base ai colori e alla sfumatura cromatica che vuole conferire all’insieme della composizione. La qual composizione, vista nella sua totalità, diviene qualcosa di più della somma delle singole parti : ogni lattina rimanda nell’immaginario dell’artista a un consumatore diverso, cosicché la composizione di tutte le lattine diviene una trama di relazioni tra persone vicine o lontane. Affascinante, vero ? Ogni lattina, inoltre, prima di essere inserita nel quadro, viene cesellata con la levigatrice. E’ da qui che deriva l’effetto striato dell’immagine finale. Ma a parte la trovata del materiale e della tecnica di assemblaggio, cosa frulla nella testa di Gaël al momento dell’ideazione di un’opera ? Ricordi, personaggi veri o inventati, amici, parenti, immagini rubate da internet o da qualche vecchio film… Insomma, nei suoi quadri confluisce di tutto un po’. Come il palinsesto di Rai Tre.

Io piango, lei nuota
Io piango, lei nuota
Gaël Duvert
2003. Lattine su tela

Ispirato a un trattato di psicologia della Gestalt (che conosciamo tutti per filo e per segno, vero ?) sembra Io piango, lei nuota, realizzato nel 2003 in occasione della scomparsa della nonna. Voi cosa ci vedete ? Beh, un occhio che piange. Bene, allora provate a ruotare il quadro di 180°. Ora cosa ci vedere ? Un pesce che boccheggia. Bravi. Io francamente oltre a un occhio che piange riconosco anche un nuotatore con le braccia in avanti, ma questo non importa. Tra l’altro, se osservate ancora il quadro invertito, forse riuscirete a scorgere nascoste nel labirinto di colori le lettere che compongono il nome della nonna dell’artista. Quali sono ? La prima è la R, la seconda è la E, la terza è la G e … Lascio a voi di trovare le altre.

Cranio-occhiali
Cranio – Occhiali da sole
Gaël Duvert
2013. Lattine su tela

Da brivido è invece il più recente Cranio – Occhiali da sole, un quadro facente parte della nuova serie intitolata Essere e Apparire (che in francese gioca sull’allitterazione di Être et Apparaître). Nella foto è difficile notarlo, ma vi informo che si tratta di un’opera a tre dimensioni, dato che il cranio è in rilievo rispetto allo sfondo. Di cani o alligatori con gli occhiali da sole ne ho visti tanti, soprattutto impagliati a decorazione di ristoranti la cui specialità sono le patatine fritte. Ma un teschio ancora mi mancava. L’ispirazione che sta  alla base della collezione Essere e Apparire ha però poco a che fare con le patatine fritte, visto che si tratta di uno smascheramento della vacuità della realtà, della superficialità del modo di vivere moderno. Tutto è vano, tutto è effimero, e benché gli uomini tentino di distinguersi gli uni dagli altri con degli accessori brandizzati (questa giuro è la parola più brutta del mondo) sono pur sempre tutti uguali. Una interpretazione in chiave postmoderna della tradizione pittorica seicentesca delle Vanitas, le nature morte ricche di simboli della fugacità della vita ? Forse. O forse un grottesco avvertimento : ecco le estreme conseguenze a cui può portare un consumo smodato delle bevande contenute nelle lattine che compongono il quadro.

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5 risposte a "L’arte in lattina di Gaël Duvert"

  1. La creatività e l’estro artistico non ha limiti. Composizioni stupende e innovative sia per il materiale utilizzato sia per la tecnica. Ritengo che il senso dell’arte sia, innanzi tutto, una forma di comunicazione, oltre che un atto creativo, libero e liberante, che ci consente di esprimere noi stessi e di plasmare la realtà secondo un punto di vista personalissimo; è l’intuizione che si fa espressione e credo che Gaël Duvert abbia applicato questo sentire.

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