Bruscamente alla Biennale di Lione 2013

Se vi dico Biennale di arte contemporanea cosa vi viene in mente ? Quella di Venezia, quasi sicuramente. Bisogna però sapere che ormai, di Biennali di arte, alla pari delle maratone metropolitane, è davvero pieno il mondo. La sfortuna vuole che io abiti un po’ troppo distante per recarmi in giornata alla Biennale del capoluogo veneto. Ma la fortuna vuole che io abiti abbastanza vicino per visitare quella attualmente in corso a Lione. La 12esima Biennale di Lione, una manifestazione artistica collettiva che dal 12 settembre 2013 al 5 gennaio 2014 si svolge in più luoghi della città (La Sucrière, Il Museo di Arte Contemporanea, La Fondazione Bullukian, La Chaufferie de l’Antiquaille, la chiesa Saint-Just) e coinvolge più di 70 artisti. biennale-lyon-manifestoIl tema di questa edizione nasce dal concetto di trasmissione e matura nella forma di racconto visivo, dato che oggi sono i racconti il principale veicolo della trasmissione. Detto in parole più semplici, l’arte racconta il mondo. Spesso ricorrendo a forme inedite e sorprendenti. Dalla nozione di racconto visivo, il passo successivo fatto dal commissario Gunnar B. Kvaran è stato il titolo vero e proprio della Biennale 2013 : Nel frattempo… Bruscamente, E inseguito. Un titolo che è anche l’inizio di un racconto, di cui il pubblico può immaginare il seguito o la conclusione. Semplice, no ? Kvaran vede le cose un po’ diversamente, spiegandocele alla sua maniera : Nel frattempo… Bruscamente, E inseguito evita accuratamente di annunciare una sintesi descrittiva delle opere presentate, ma cerca piuttosto a distrarle da una sede esplicativa comoda che troppo spesso contribuisce a contraddire la loro polisemia fondamentale. Vi pare astruso ? Non preoccupatevi : lo è davvero. Incuriosito ma già un po’ disorientato da questa complessa costruzione intellettuale, sabato scorso mi sono recato al Museo di Arte Contemporanea (il famoso MAC che però non ha nulla a che fare con la Apple) per scoprire come alcuni artisti contemporanei hanno interpretato il tema. Un giudizio generale sulla mostra ? Ho fatto fatica. Molta fatica. Su quasi 30 opere, sono state poche quelle che mi hanno fatto esclamare: “Slurp!”. Ma dopotutto l’arte contemporanea è così. Si odia o si ama.

Kaino
19.83
Glenn Kaino
2013. Alluminio, oro, suono, vernice

Una delle prime stanze a cui si accede dopo l’ingresso alla mostra è quella dedicata a Glenn Kaino, artista americano nato nel 1972 a Los Angeles. Kaino ha preso spunto da un fatto realmente accaduto dando forma a una messa in scena allusiva. Pochi indizi per lasciare che sia il pubblico a ricostruire gli eventi e dar loro un senso. L’episodio in questione risale al 16 ottobre 1968, quando l’atleta afroamericano Tommie Smith vince la medaglia d’oro ai 200 metri durante i Giochi olimpici in Messico. In segno di protesta per il riconoscimento dei diritti civili degli afroamericani, Tommie Smith sale sul podio in calze e guanti neri, la testa bassa e il pugno levato. Un gesto che gli varrà la squalifica a vita da qualsiasi gara olimpica, oltre che il ritiro della medaglia. Kaino rievoca questo memorabile atto di coraggio attraverso una serie di fotografie ritoccate (o per meglio dire “ripitturate”) che ritraggono la corsa dell’atleta. Al centro della stanza, invece, un podio laccato d’oro : 19.83, 19 secondi e 83 centesimi, ovvere il tempo impiegato dall’atleta per correre i 200 metri. Questo chiaro rimando al fatidico momento della premiazione di Tommie Smith simboleggia tutti gli ideali traguardi da raggiungere. Non solo su una pista di atletica, ma anche sul più accidentato cammino verso l’emancipazione.

Successione di Tre Età
Successione di Tre Età
Mary Sibande
2013. Installazione

Di Storia ed emancipazione sociale ci parla anche l’artista sudafricana Mary Sibande con l’imponente installazione Successione di Tre Età. A una prima occhiata, quattro cavallucci a dondolo che trainano un personaggio mostruoso, mentre degli esseri indefinibili fanno da cornice alla inquietante scena. Tutto in tonalità nero-viola. Aggiungeteci che la stanza in cui è posta l’installazione è poco illuminata, e lo spavento è garantito. L’intenzione dell’artista tuttavia non è di far venire gli incubi ai bambini, ma di ricordare una pratica diffusa in Sud Africa alla fine degli anni ’80, quando vigeva ancora il regime dell’Apartheid. A quell’epoca, le forze dell’ordine macchiavano d’inchiostro purpureo indelebile i manifestanti antisegregazionisti per identificarli facilmente. Inchiostro viola su pelle nera, insomma. Dagli, dagli all’untore !

Cuscini su cui hanno dormito solamente dei medici
Cuscini su cui hanno dormito solamente dei medici
Jason Dodge
2010. Installazione ?

La stanza dedicata all’opera di Jason Dodge, artista americano nato nel 1969 nella città di Newton ma attualmente residente a Berlino, è sicuramente una delle cose più sbalorditive in cui mi sia imbattuto negli ultimi tempi. Ma attenzione, sbalorditivo non è per forza una qualifica positiva. Ebbene, la stanza è semi vuota. Ci sono giusto alcuni cuscini posti a filo del muro. Vietato toccarli ! Ogni cuscino, infatti, è stato utilizzato da una sola persona. C’è il mucchietto di cuscini utilizzati solamente da medici, il mucchietto di cuscini utilizzati solamente da bambini, e il mucchietto di cuscini utilizzati solamente da arrotini. Suona quasi come una filastrocca. Qui la dimensione narrativa dell’opera artistica è veramente ridotta all’osso, Jason Dodge fa un lavoro di sottrazione estrema. I cuscini sono delle semplici tracce di un’attività immaginativa – il sogno – che spetta al pubblico di caricare di senso, di ricordi, di emozioni. Ieri sera ero solo nella mia stanza e ho provato a ripetere l’esperimento di Jason Dodge. E’ bastato gettare per terra il mio cuscino. Purtroppo l’effetto non è stato lo stesso.

melgaard-2

Senza titolo
Senza titolo
Biarne Melgaard
2012. Installazione

Da lasciare sbalorditi, ovviamente per motivi opposti, è anche l’opera dell’artista australiano Bjarne Melgaard, nato a Sydney nel 1967 e oggi residente a New York. Melgaard concede davvero poco spazio a tutto : alla libera immaginazione, all’implicito e soprattutto al pubblico che entra nella stanza in cui è esposta (o sarebbe meglio dire ammucchiata ?) la sua installazione. Non stupisce che l’artista non abbia dato un titolo alla sua creazione, lasciandoci come traccia una domanda retorica in bilico tra il malizioso e il sarcastico : “Ascolta, secondo te quanti uomini sarebbero disposti a fare questo ?”. Il risultato del suo lavoro, concepito espressamente per questa Biennale, è un ammasso di oggetti in miniatura, vestiti buttati per terra, video e pupazzi di diversa forma e dimensione intenti in azioni sadomaso (imperdibile la Pantera Rosa che inchiappetta il manichino). Anche qui l’interrogativo che sorge spontaneo è “Perché?”, ma questa volta bisogna riconoscere che l’opera non può lasciare indifferenti. Di ciò devono essersene resi ben conto anche i curatori della mostra, vietando la visione del Senza Titolo di Bjarne Melgaard al pubblico più giovane.

Balloon Venus
Balloon Venus (giallo)
Jeff Koons
2008-2012. Resina di poliuretano

Quasi a conclusione della mostra, l’opera più affascinante. La versione in giallo della Balloon Venus, scultura di uno dei massimi talenti in circolazione, l’americano Jeff Koons (l’uomo che è riuscito a sposare Cicciolina d’altronde non può che essere un grandissimo artista). Considerato come il nuovo Andy Warhol, Koons ha elaborato una propria “estetica biologica” che combina il vecchio e il nuovo, l’alto e il basso, l’originale e il contraffatto, lo zigo e lo zago. Per questa Venere di pallone (sì, in italiano suona male) l’artista è andato a ripescare una statuetta paleolitica, la Venere di Willendorf, simbolo eterno di fertilità, e l’ha riprodotta secondo il proprio stile geometrico, pomposo, sublimemente erotico. Dal 23 000 a.C. ai giorni nostri : i gusti degli uomini sono sempre gli stessi. Grasso è bello.

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2 risposte a "Bruscamente alla Biennale di Lione 2013"

  1. Ciao Riccardo,
    ho fatto un giro pure io a Lione per la biennale, ho visitato sia il MAC che la Sucriere, durante un w.e.
    Che dire… sono rimasto deluso. Ho fatto davvero fatica a comprendere il nesso fra le opere presentate e il tema della biennale.

    Il MAC soprattuto … raccoglie materiale poco comprensibile, soprattutto per l’apparato a complemento delle opere/installazioni: testi molto verbosi, o troppo succinti. Per addetti ai lavori?
    Indispensabile la visita guidata, che dava tutt’altro spessore ad ogni opera.

    Molto sesso e forse opere pure un po vecchiotte, ma questo non e’ per forza negativo.

    In sostanza, il tutto mi e’ sembrato OSCURO.

    Complimenti per il blog, molto interessante.

  2. Ti ringrazio del complimento, Alessandro.
    Effettivamente sono rimasto abbastanza deluso dalla mostra al MAC. Per addetti ai lavori ? Penso che realizzare un’opera d’arte destinata solo a pochi eletti in grado di capirla e apprezzarla sia un gesto abbastanza pretenzioso, e purtroppo a Lione mi sono talvolta trovato in questa situazione. A ogni modo la Baloon Venus vale tutta la mostra.

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