Sarà anche colpa della lettura che feci a undici anni de Il figlio del corsaro rosso di Emilio Salgari, romanzo di avventure piratesche in cui si parla di un fantomatico e malvagio marchese di Montélimar, ma a me la cittadina francese di Montélimar ha sempre evocato il cappa e spada. Beata fantasia giovanile. Peccato che a parte un bel castello arroccato sulla collina e qualche casa antica nel centro storico, Montélimar è lontana anni luce dal mitico porto di mare che andavo fantasticando. Prima di tutto perché non è una città sul mare. E allora cosa ha spinto me e la mia intrepida banda di pirati ad avventurarci domenica scorsa in questa amena località a un tiro di cannone dalla Provenza ? Una mostra al Museo di Arte Contemporanea (ebbene sì, ce n’è uno anche a Montélimar) dedicata ai cinquant’anni di attività di uno scultore dal nome possente. Toros.

Toros
2003. Ottone
Toros. Confesso di aver avuto la tentazione di giocare con il suo nome nel titolo del post (che so, magari intitolandolo “Toros Scatenato” o ancora peggio “Toroseduto”), ma poi ho preferito ricorrere semplicemente alla traduzione in italiano del titolo francese della mostra, “Plénitude de Toros”. Bene, ma a questo punto chi è Toros ? Toros Rast Klan è uno scultore di origine armena nato nel 1934 ad Aleppo, nell’attuale Siria. Cresciuto in condizioni umili e appresa l’arte della lavorazione dei materiali lavorando come fabbro e saldatore, nel ’67, a seguito del trionfo a un concorso artistico nella sua città natale, decise di venire in Francia, nella regione di Montélimar, per studiare a una scuola di belle arti. Ad attenderlo c’era però una bella sorpresa, o meglio una bella scoperta : lui la tecnica la conosceva già, non c’era bisogno di fare una accademia di belle arti per diventare artista patentato. Dopotutto a cosa serve andare a scuola di nuoto quando si è già capaci di stare a galla ? A Toros la Francia piacque comunque, e la fortuna volle che il suo fosse un caso di amore ricambiato, dato che le sue opere ricevettero fin da subito un grande apprezzamento dal pubblico d’oltralpe. Io ti amo, tu mi ami, io resto a vivere da te. E fu così che Toros fece della Francia la sua patria d’adozione. Oggi vive e lavora a Romans-sur-Isére, tra Valence e Grenoble. Se un giorno vi capita di camminare per una stradina di Aix-en-Provence, Valence, Marsiglia o Saint-Étienne potreste imbattervi in una sua scultura.

Toros
2000. Ottone
Il mestiere dello scultore è molto simile a quello dell’artigiano, Toros lavora i metalli (rame, ottone o bronzo) con il martello e gli stampi secondo una tecnica che risale all’antichità mediorientale per realizzare delle sculture che colpiscono per l’essenzialità delle forme che disegnano e delle emozioni che esprimono. Molto cuore, pochi dettagli. I visi delle statue sono perlopiù inespressivi, a parlare sono piuttosto le braccia, le gambe, il torso. Corpi di donne in estasi o di dolci sirene, suonatrici di flauto o pensatori seduti, frutti deformati o placidi animali, busti femminili raffiguranti la madre dell’artista o personaggi stilizzati che si abbracciano. Toros antropomorfizza (perdonatemi ma ho l’obbligo di usare almeno una parola astrusa per post) il metallo conferendogli forza e tenerezza, rabbia e pietà, amore e sofferenza. Mai odio.

Toros
2004. Bronzo
Eppure, malgrado l’ampia varietà di sentimenti rappresentati, in ogni sua scultura c’è come un’ombra di velata malinconia, di un sorriso ancora bagnato dalle lacrime. Io non sono infelice, confessa lo scultore, ma non posso essere completamente felice dato che conosco troppe cose. Forse c’è qualche lontano ricordo che scotta ancora e che la sua indole in fondo pessimista non riesce a nascondere neppure a parole. E forse questo lontano ricordo non è proprio a lui solo ma a un intero popolo. La foto a conclusione del post potrebbe esservi d’indizio.

Toros
1985. Bronzo
Una risposta a "Pienezza di Toros"